mercoledì 2 gennaio 2019

1 gennaio 2019 – Meditazione, o riflessioni di fede, sul tempo
(tempo, fede, vecchiaia, morte, gratitudine, speranza)

1 – Tempo. Il primo gennaio è una data convenzionale per scandire il tempo. Valgono di più le stagioni della natura, e le stagioni della nostra vita.
Proviamo a meditare sul tempo, con uno sguardo di fede. Il tempo passa, ma anche il tempo viene. Un anno di più è passato, un anno di meno abbiamo da vivere, prima di morire. Sì, ma un anno di più è dentro di noi, è aggiunto alla nostra vita! E un anno nuovo, davanti a noi, è da vivere! Si perde il passato ma si acquista l'av-venire, ciò che viene. Scegliamo di guardare indietro, o avanti? Sembra giusto guardare sia indietro, sia avanti.
Il tempo ci consuma o ci costruisce? Consuma il nostro corpo materiale, ma costruisce lo spirito: vivere è più che campare.
2 - Fede: se crediamo nel Padre di Gesù, lui è davanti, più vivo, e non solo dietro il nostro cammino. Sì, certo, il Padre è anche l'Origine: siamo figli di un dono; non ci siamo fatti da soli; non siamo autosufficienti. Quel dono lo abbiamo accresciuto o consumato? E non siamo abbandonati, ma chiamati in avanti: ogni giorno è un dono. Il Padre è anche davanti, ci attende. Il tempo vissuto è un cammino, non è un consumo ad esaurimento (come la sabbia di una clessidra).
3 -Vecchiaia - Viviamo la vecchiaia solo come perdita? Solo nel rimpianto? Oppure anche sentiamo che c'è un fortuna e una ricchezza nell'essere vecchi?
Che cosa rimane di quello che abbiamo perduto (persone care; momenti belli…)? I ricordi belli non sono perduti, sono dentro, sono nostra anima e nostre ossa: “Maria teneva tutto nel suo cuore”. Il nostro cuore può essere più stanco, ma è più ricco, con l'età.
Ci sono anche i ricordi amari, le sofferenze, le offese. Sentiamo cosa dice San Francesco: “L'offesa fa torto non a coloro che la ricevono, ma a coloro che la fanno". Perciò abbiamo misericordia. Impariamo a non aspettare ricompensa per ciò che diamo, e così saremo “figli dell'Altissimo” (vedi Luca 6,35)
Possiamo vedere alcune qualità e problemi dell'essere vecchi: 1) intelligenza, 2) compito, 3) peccati, 4) difficoltà:
3/1- C'è una intelligenza dell'essere vecchi: non è tanto il sapere molte cose, non è solo l'“esperienza”, ma è l'aver capito meglio la vita e le persone, l'avere superato le illusioni, l'aver riconosciuto quello che conta davvero.
3/2 – C'è un compito dei vecchi, che è anche un dovere: quando non si lavora più per necessità e si è in pensione, si può fare lavoro volontario (in famiglia, nella società), lavorare gratis, per gli altri, per i poveri, senza cedere alla pigrizia! Le donne più degli uomini, lavorano, almeno in casa, per gli altri, fino all'ultimo giorno di vita.
3/3 - Ci sono i peccati proprio dei vecchi (quando si consideravano i più gravi peccati quelli dei sensi, si diceva per scherzo ad una certa età: “o mio caro e buon Gesù, non ti posso offender più...”). Sul serio, voglio dire il pessimismo, l'ingratitudine, la pigrizia, il non fare niente per gli altri. È brutto il vecchio ingrugnito, brontolone, arrabbiato con tutto e tutti, seduto a far niente: questa figura non aiuta gli altri a vivere. E se c'è da soffrire (malattie, solitudine), dobbiamo guardare anche il bello, della natura, dell'umanità. Si porta la scusa: ”Non so fare niente, non posso fare niente”. Invece, si possono avere senza fatica relazioni attive: nelle amicizie, nella conversazione, nel visitare chi è solo o malato (con delicatezza e discrezione). “Nessuno sa fare tutto, tutti sappiamo fare qualcosa”.
¾ – Ci sono difficoltà proprie della vecchiaia. I tempi cambiano molto, ci si trova spaesati (linguaggi nuovi, usanze nuove, internet, altre mentalità,…). I tempi sono cambiati in meglio o in peggio? Forse un bilancio è impossibile: tante cose sono migliori, tante peggiori. Però dobbiamo amare il tempo presente, amare gli altri, chi è differente da noi, amare i giovani, anche quando stentiamo a capirli, per aiutarli senza pesare e giudicare.
Bisognerebbe, da vecchi, non fermarsi, continuare a imparare cose nuove. Guardiamo i bambini e impariamo da loro: il loro tempo è pieno, esplosivo! Una volta Emanuela, da piccola, mi disse: “Papà, non sai che il gioco è il lavoro dei bimbi?”. Sono continuamente attivi perché scoprono continuamente cose nuove, divorano il tempo come un cibo per crescere. Gesù dice che occorre “diventare” come bambini (non “ritornare”!) per entrare nel regno di Dio. Conserviamo la capacità di sorprenderci!
4 - Morte Verrà anche l'ora di fermarci: la morte si avvicina: è stupido non pensarci. Problema: pensarci come?
Un suggerimento è quello che diceva don Michele Do: “Diminuire consentendo – Consentire con animo sereno – Distacco appassionato”. E intanto vivere, in tutte le possibilità della vita.
Come Simeone in Luca (2, 29): "Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele".

5 – Virtù - Vedo poi due virtù tipiche della vecchiaia: la gratitudine e la speranza. È bello vedere una persona anziana sorridente di gratitudine, nonostante tutto: una persona che ringrazia la vita, tutte le persone che ha incontrato, e quindi sa insegnare coraggio, positività. La gratitudine serena e coraggiosa è una giusta risposta al dono della lunga vita, e aiuta alttri a vivere.
E poi la speranza: una speranza non passiva ma attiva, disponibile, accogliente. La nostra vita è piccola, ma siamo avvolti dalla Grande Vita, il grande seno materno protettivo, che ci nutre, che noi chiamiamo Dio. Pensare e sentire lui, ci fa guardare più in là del nostro piccolo caso. La speranza è anche la virtù dei poveri, di chi sa che tutto è grazia, tutto è dono.
Insomma, pensando al tempo, cerchiamo di amare ciò che viene più che rimpiangere ciò che passa: come Simeone e Anna accolgono il bambino Gesù: “Lascia che il tuo servo vada in pace”. “I miei occhi hanno visto la tua salvezza, ... luce per illuminare le genti” (Luca 2, 29-32).

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