domenica 31 marzo 2019

19 04 01   +   Giovanni 4, 43-54  + Anche una fede minore


[43] Trascorsi due giorni, partì di là per andare in Galilea.
[44] Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria.
[45] Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa.
[46] Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafarnao.
[47] Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire.
[48] Gesù gli disse: "Se non vedete segni e prodigi, voi non credete".
[49] Ma il funzionario del re insistette: "Signore, scendi prima che il mio bambino muoia".
[50] Gesù gli risponde: "Và, tuo figlio vive". Quell'uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino.
[51] Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: "Tuo figlio vive!".
[52] S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: "Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato".
[53] Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: "Tuo figlio vive" e credette lui con tutta la sua famiglia.
[54] Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea. 

 

Gesù torna in Galilea, racconta Giovanni, ma sa già che non sarà ricevuto come profeta. Invece c'è chi ricorda i segni già dati (rivediamo i capitoli precedenti). Quindi, un funzionario del re gli chiede la guarigione a distanza del suo bambino. Gesù vorrebbe una fede senza prodigi, ma non nega la parola che guarisce all'istante il bambino. Allora tutta la famiglia crede in Gesù. Il Battista, i suoi primi compoagni, la Samaritana, hanno creduto in lui alla sola parola e all'incontro personale. Ora Gesù accetta anche la fede di chi trova in lui una forza di vita fisica.







venerdì 29 marzo 2019

19 03 30  + Luca 18, 9-14  + Chi dei due?

[9] Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri:
[10] "Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano.
[11] Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano.
[12] Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo.
[13] Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore.
[14] Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato".


Chi dei due sono io? L'uno e l'altro, a dire il vero, un po' questo un po' quello. "Io non sono come gli altri" non oso arrivare a dirlo, forse perché l'ho sentito proclamare, pochi anni fa, da un uomo di governo. Ma la tentazione di pensare che io non sono come lui, c'è.  Perciò, per tornare a casa giustificato, faccio la preghiera del pubblicano.


giovedì 28 marzo 2019

Marco 12, 28b-34

[28] Allora si accostò uno degli scribi che li aveva uditi discutere, e, visto come aveva loro ben risposto, gli domandò: "Qual è il primo di tutti i comandamenti?".
[29] Gesù rispose: "Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore;
[30] amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza.
[31] E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi".
[32] Allora lo scriba gli disse: "Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v'è altri all'infuori di lui;
[33] amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici".
[34] Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: "Non sei lontano dal regno di Dio". E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.


Quello scriba è sincero, la domanda questa volta non è una trappola. Fra tanti precetti della religione, qual è il più importante, quello che è fondamento di tutte le altre cose, e non può mancare, a differenza di altri dettagli religiosi? Gesù risponde con l'appello antico ad Israele e ricorda i due comandamenti grandi: riconoscere e amare Dio con tutto se stesso, amare il prossimo come se stesso. Inscindibili l'uno dall'altro. Il secondo dimostra l'autenticità del primo. Lo scriba è contento: adesso fa un po' il professore che promuove l'alunno, anche se lo chiama Maestro. E ripete alla lettera la risposta di Gesù, ma è interessante quel che aggiunge: olocausti e sacrifici, i riti religiosi, anche sinceri, valgono meno, vengono dopo, non valgono senza l'adempimento dei due precetti massimi inscindibili. "Non sei lontano dal regno di Dio", conclude Gesù, vero maestro,che non lascia allo scriba l'ultimo giudizio sulla propria risposta. Vorrei poter ricordare quello che udii, su queste parole, da padre Ernesto Balducci in una omelia a Fiesole. Mi pare che l'idea fosse: conoscere bene i grandi comandamenti ti mette sulla strada giusta, viverli è camminare verso il regno.


mercoledì 27 marzo 2019

19 03 27  +  Matteo 5, 17-19  + La legge e la pienezza

Matteo 5

[17] Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento.
[18] In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto.
[19] Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli.



Qualcuno accusa Gesù di abolire la Legge e i Profeti. No, la sua missione è in continuità con la storia spirituale del suo popolo, ma non è una pura ripetizione. E' un compimento. Trovo nel commento di Rosalba Manes; "Compimento significa riempire, offre l'idea di sovrabbondanza, e significa anche realizzare, nel senso di mettere in pratica". La permanenza di ogni valore della legge nel compimento, è certa come il cielo e la terra. Ogni precetto, anche minimo, è da non trasgredire, ma lo slancio vitale verso la pienezza (ciò che i teologi morali chiamano "l'opzione fondamentale" buona), ricolma le cadute,  e non esclude dal regno dei cieli. Ma si veda anche il v. 20, che segue e completa, più severo: la giiustizia che ci diamo da soli, sul nostro calcolo, non ci salva.

martedì 26 marzo 2019

19 03 26 + Matteo, 18, 21-35  +  Quante volte? Sempre.


[21] Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?".
[22] E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
[23] A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi.
[24] Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti.
[25] Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito.
[26] Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa.
[27] Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.
[28] Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi!
[29] Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito.
[30] Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
[31] Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto.
[32] Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato.
[33] Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?
[34] E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto.
[35] Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello".


Quante volte? Sempre! A proposito...  La rapida battuta sull'illimitato perdono, sul perdono smisurato, fa venire in mente a Gesù, che è un poeta, la parabola che segue. Proviamo a trasformarla per noi. C'è nel mondo, finalmente, la OIGER, Organizzazione Internazionale di Giustizia Economica Ridistributiva. Una grande nazione ha un debito estero, cioè verso gli altri popoli, di 600.000 miliardi di euro. Sollecitato a pagarlo, il governo di quel paese ottiene una proroga sine die. Lo stesso governo agisce duramente per riscuotere da un piccolo paese confinante un debito di  10.000 euro. Non potendo pagare, questo piccolo paese subisce pesanti sanzioni. La OIGER scopre il fatto e condanna la grande nazione, con sanzioni proprorzionate al suo debito. Questo potrà accadere a ciascuno, grandi e piccoli, e sarà guerra ed infelicità, se non saranno generosi coi debitori, al di là delle regole contabili, e se nessuno approfitterà della generosità. Questo è un mondo nel quale si può vivere felici, se adottiamo tutti non la regola del prendere e possedere, ma del distribuire generoso a tutti. Un altro mondo è possibile, diceva Gesù nel linguaggio di allora. Da ciascuno secondo le sua capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni, diceva un ateo dell'800 citando gli Atti degli apostoli.

domenica 24 marzo 2019

19 03 25  +  Luca 1, 26-38  +  Teorema duro o metafora iulluminante?


[26] Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret,
[27] a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
[28] Entrando da lei, disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te".
[29] A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.
[30] L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.
[31] Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
[32] Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre
[33] e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine".
[34] Allora Maria disse all'angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo".
[35] Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.
[36] Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile:
[37] nulla è impossibile a Dio".
[38] Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". E l'angelo partì da lei. 

 

Per accogliere con fede questo vangelo, dobbiamo credere letteralmente alla concezione fisicamente verginale di Gesù nell'utero di Maria, senza il naturale intervento del padre umano? La chiesa ha aggiunto la necessità di credere anche ad altri conseguenti miracoli fisico-ginecologici: la intatta verginità di Maria nel parto e dopo il parto. Se invece che una affermazione teoretica, intendessimo il racconto dell'annunciazione come una illuminante metafora, perderemmo forse qualcosa delle bella verità di questo vangelo? Anche l'angelo è una metafora della presa di coscienza di Maria; anche l'ombra dell'Altissimo è una metafora. Gesù - che abbiamo poi conosciuto, nella sua vita adulta, profeta massimo del Padre, presenza del suo Spirito nella nostra umanità, unione perfetta con il Padre, cioè uomo come noi, ma straordinario come nessuno di noi - questo Gesù è dunque pensato, nell'annuncio che la chiesa ne fa, come nato in modo straordinario: che paragone più straordinario possiamo immaginare che nascere da una vergine? Anche in altre mitologie religiose si trova lo stesso racconto. Maria è grande nella fede senza bisogno di essere un miracolo ginecologico, e Gesù è uomo comune ma unico, senza bisogno di forzare la natura. Può nascere come tutti, ed essere una presenza di Dio nella nostra carne quale mai si è avuta. La verginità di Maria può essere una metafora per dire che qui c'è un'azione divina che rende straordinaria e unica, nel caso di Gesù, quella comune azione umana di concepimento e nascita. Col tempo, e con l'idea pessimistica e impura della generatività sessuale, è parso necessario insistere (con particolari di cattivo gusto) sulla realtà anatomica dettagliata della verginità. La quale produce una estraneità di Gesù dalla nostra condizione umana, quando invece egli è stato in tutto, eccetto che nel peccato, uomo come noi, perciò redentore, con tutta la sua nascita, vita e morte, della nostra umanità, da lui condivisa in tutto. Si può riascoltare il vangelo di Nazareth così, nella fede più pura, in continuità essenziale con la chiesa di sempre.


sabato 23 marzo 2019

19 03 23 + Luca 15, 1-3; 11-32 + Tutto contiene

[1] Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.
[2] I farisei e gli scribi mormoravano: "Costui riceve i peccatori e mangia con loro".
[3] Allora egli disse loro questa parabola:
[11] Disse ancora: "Un uomo aveva due figli.
[12] Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze.
[13] Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto.
[14] Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.
[15] Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci.
[16] Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava.
[17] Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!
[18] Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te;
[19] non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni.
[20] Partì e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.
[21] Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio.
[22] Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi.
[23] Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,
[24] perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
[25] Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze;
[26] chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò.
[27] Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo.
[28] Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo.
[29] Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici.
[30] Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso.
[31] Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo;
[32] ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato".

Accusato di farsela coi peccatori, e di essere buono con loro invece di scartarli e condannarli, Gesù racconta una delle più belle – forse la più evangelica - delle sue parabole. In questa storia, il padre non ha nome – o ha il nome indicibile - , ha cuore largo, così largo che contiene la libertà anche fallace del figlio, e poi contiene il suo spreco di vita, i suoi peccati, la sua disperazione, il suo pentimento interessato. Tutto contiene. Contiene anche la virtù fredda del fratello maggiore: noi restiamo senza sapere se quel fratello-giudice spietato si scalda alla gioia del padre, o se rimane nel suo perbenismo senza cuore. Il vecchio perdona anche la sua freddezza: "Tu sei sempre con me". La parabola termina con il "magnificat" cantato dal vecchio padre, eco del magnficat della giovane Maria: il Padre di ogni padre ha dato vita al morto, ha ricondotto il figlio che era perduto.


giovedì 21 marzo 2019

19 03 22 + Matteo 21, 33-43; 45-46 + Verità o potere?

[33] Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò.
[34] Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto.
[35] Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono.
[36] Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo.
[37] Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio!
[38] Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità.
[39] E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero.
[40] Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?".
[41] Gli rispondono: "Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo".
[42] E Gesù disse loro: "Non avete mai letto nelle Scritture:
La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri?"
[43] Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare.
[44] [Chi cadrà sopra questa pietra sarà sfracellato; e qualora essa cada su qualcuno, lo stritolerà]".
[45] Udite queste parabole, i sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro [46] cercavano perciò di catturarlo; ma avevano paura della folla che lo considerava un profeta.

Dopo la terza predizione della passione, dopo l'ingresso trionfale in Gerusalemme, dopo la purificazione del tempio dai mercanti, Gesù secondo Matteo racconta alcune parabole molto rivelatrici del precipitare del rifiuto e della condanna che dovrà patire. Questa, dei vignaioli omicidi, è tremenda, trasparente, e allude anche al duro giudizio del padrone. Si aggiunge la piccola parabola della pietra fondamentale del nuovo edificio: chi doveva costruire l'ha scartata, non l'ha riconosciuta, come invece fa il Signore, che la mette a fondamento. Non solo, ma questa pietra sarà d'inciampo e peggio, stritolerà (secondo il v. 44 omesso da molti codici) chi si scontrerà con essa. Ma il colmo è nella conclusione grave, detta con la formula introduttiva solenne, che cala nella realtà l'immagine della parabole: sarà tolto il regno di Dio a voi, vignaioli che non avete dato frutto, e sarà dato ad altri, ad un altro popolo che lo farà fruttificare. Le autorità religiose di Israele capiscono siubito che parla di loro. Certo, qui c'è una polemica cristiana anti-ebraica della comunità, ma la parola vale per tutti. Se ti è data la vigna del Regno, e non la fai fruttificare, e respingi con ferocia critiche e correzioni, perderai il dono, e sarà rovina. Questo vale precisamente per ogni chiesa, per ogni comunità, per ogni religione, per ogni fedele. Quando Gesù dice queste cose, la folla lo considera profeta, critico della religione ufficiale stabilita, ma non saprà difenderlo, neppure Pietro saprà difenderlo, quando difendere la verità colpita dal potere sarà più costosa dell'entusiamo anti-potere religioso. Ecco il giudizio continuo, per tutti, per i sacerdoti e per la folla, noi: verità o potere?
19 03 201 + Luca 16, 19-31 + Siamo avvisati

[19] C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente.
[20] Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe,
[21] bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe.
[22] Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto.
[23] Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui.
[24] Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura.
[25] Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti.
[26] Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi.
[27] E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre,
[28] perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento.
[29] Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro.
[30] E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno.
[31] Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi".

Traduciamo la parabola di Luca in lingua mondiale di oggi: l’1% della popolazione mondiale detiene il 50% dell'intera ricchezza e il 10% più ricco che ne detiene l’88% ( https://www.oxfamitalia.org/wp-content/uploads/2019/01/Bene-Pubblico-o-Ricchezza-Privata_Executive-Summary_Oxfam-2019.pdf ). Immaginiamo un'enorme pagnotta che basta e avanza per nutrire 100 individui, ma ecco che una persona se ne prende metà e altre 9 persone i 4/5 rimanenti. Ne rimane solo un decimo della pagnotta e 90 persone competono per prenderne almeno un pochettino. Se siamo con l'uomo ricco della storia di Luca, sappiamo cosa ci aspetta. Magari non andiamo all'inferno, ma l'inferno viene qui. Oggi abbiamo Mosè e i profeti, e anche i ragazzini del "movimento Greta". Siamo avvisati.

mercoledì 20 marzo 2019

19 03 20  +  Matteo 20, 17-28   +   Una società di fratelli

[17] Mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici e lungo la via disse loro:
[18] "Ecco, noi stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, che lo condanneranno a morte
[19] e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito e flagellato e crocifisso; ma il terzo giorno risusciterà".
[20] Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa.
[21] Egli le disse: "Che cosa vuoi?". Gli rispose: "Dì che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno".
[22] Rispose Gesù: "Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?". Gli dicono: "Lo possiamo".
[23] Ed egli soggiunse: "Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio".
[24] Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli;
[25] ma Gesù, chiamatili a sé, disse: "I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere.
[26] Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo,
[27] e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo;
[28] appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti".

Il carrierismo ecclesiastico comincia quando la chiesa non c'è ancora, non ci sono graduatorie se non di "in-carichi", cioè pesi e compiti, non ci sono eccellenze, né vice-presidenze. E comincia proprio appena Gesù ha preannunciato il suo atroce fallimento umano. Ma è come se non avessero sentito. O hanno sentito solo "il terzo giorno risusciterà", pensando ad un facile lieto fine. "Voi non sapete..." - risponde Gesù – "potete bere il calice che io bevo?". "Eccome!" rispondono troppo in fretta i due figli raccomandati dalla mamma (come farebbe ogni mamma che vede i figli entrare in una nuova organizzazione, e li spera in buona posizione). C'è anche l'imvidia degli altri dieci. Gesù, con molta pazienza, invita tutti a fare un paragone: "guardate cosa succede nelle nazioni, negli stati politici: regna la logica del potere: chi assume funzioni pubbliche le intende ed esercita come dominio, con volontà di potenza, non di bene comune; accentrano il potere in se stessi, non lo distribuiscono a tutti cone possibilità, come potere di vivere giustamente. Vista questa realtà ricorrente, voi fate il contrario: tra voi chi ha un compito lo svolga come servizio agli altri". Quanto è ancora tristemente presente questa realtà, nonostante giuste aspirazioni umane e qualche progresso nella storia! Quanto è attuale, proprio nelle chiese, quel "Non così tra voi!". Gesù scongiura dall'inizio il clericalismo, la creazione di un ceto separato e sacro, che pecca contro la fraternità evangelica. Le recenti scoperte e denunce di abusi ecclesiastici, mostrano che si tratta di abusi di potere, e di influenza indebita sulle coscienze, prima che di sesso, che ne è la conseguenza. La via di Gesù, di lui per noi, e proposta a noi, è di servire tutti con tutta la propria vita, da fratelli, non da superiori.

martedì 19 marzo 2019

Porti, porte, teste, cuori

Allora, il capitano della nave, fatti scendere nella sua scialuppa i naufraghi che aveva salvato, entrò nel porto proibito. Stando in piedi a prua, gridava nel megafono:

"Io obbedisco alla legge del mare, che comanda di salvare vite umane, più che salvare se stessi dalla vostra legge. Questo porto di salvezza appartiene a tutti quanti hanno diritto alla salvezza. Se siete più feroci degli abissi mortali, sparatemi. Se siete più duri della terra da cui queste persone fuggono, e se ne avete la sfrontatezza, arrestatemi. Se non siete umani, respingete esseri umani in cerca di umanità".

Un ministro in divisa nera, diede un ordine. Molti, sulla banchina, nella città, in tutto il paese, videro e credettero, capirono.
Porti, porte, teste, cuori 
Allora, il capitano della nave, fatti scendere nella sua scialuppa i naufraghi che aveva salvato, entrò nel porto proibito. Stando in piedi a prua, gridava nel megafono:

"Io obbedisco alla legge del mare, che comanda di salvare vite umane, più che salvare se stessi dalla vostra legge. Questo porto di salvezza appartiene a tutti quanti hanno diritto alla salvezza. Se siete più feroci degli abissi mortali, sparatemi. Se siete più duri della terra da cui queste persone fuggono, e se ne avete la sfrontatezza, arrestatemi. Se non siete umani, respingete esseri umani in cerca di umanità".

Un ministro in divisa nera, diede un ordine. Molti, sulla banchina, nella città, in tutto il paese, videro e credettero, capirono.
(Enrico Peyretti)
19 03 19 + Luca 2, 41-51 + Uomo giusto, senza protagonismo

[41] I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua.
[42] Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l'usanza;
[43] ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero.
[44] Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti;
[45] non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
[46] Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava.
[47] E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
[48] Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo".
[49] Ed egli rispose: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?".
[50] Ma essi non compresero le sue parole.
[51] Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. [52] E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

La festa di san Giuseppe era importante, quando eravamo ragazzi: si posava il cappotto, era festa di primavera e di mercati, ora scompare tra i comuni giorni feriali. Luca racconta l'episodio di Gesù a Gerusalemme, forse per la prima volta. Anche oggi si vede, al Muro del pianto, la cerimonia dei dodici-tredicenni che sono riconosciuti adulti leggendo la Scrittura in pubblico. Gesù nel tempio interroga e risponde, e stupisce i dottori. Ma il sogggetto di questo racconto è plurale: "i suoi genitori". Una decina di verbi dice le loro azioni movimentate. Il ragazzo Gesù è sullo sfondo. Dal v. 48 emerge la madre, Maria, che parla al plurale, per entrambi. Di Giuseppe non si dice nulla, è appena nominato ("tuo padre") da lei, è una presenza attiva come Maria, ma silenziosa. Gesù risponde ad entrambi. Entrambi non comprendono. Solo di Maria Luca dice che medita in cuore queste cose. Giuseppe è uomo giusto, senza clamore né evidenza. Ha compiti delicati, è responsabile, li svolge in silenzio, fa la sua parte. Gesù ha per padre un uomo semplice, concreto, lavoratore, un giusto d'Israele. Rappresenta tutti quanti non hanno apparenza, e reggono il mondo con la loro giustizia.

domenica 17 marzo 2019

19 03 18 + Luca 6, 36-38 + Come misuriamo, saremo misurati

[36] Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro.
[37] Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato;
[38] date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio".

Tre precetti (misericordia, perdono, dare in eccesso), due divieti (giudicare, condannare). Per ogni atto di questo vivere, una promessa, quindi cinque promesse: sarete simili al Padre; non sarete giudicati; non sarete condannati; vi sarà perdonato; vi sarà dato in abbondanza. Il vangelo di queste poche righe, dense come tutta la vita di relazione, concrete come le ore di una nostra giornata di vita, si riassume così: la misura che userete per misurare gli altri, misurerà voi. Giudicate con misura stretta? Sarete giudicati strettamente. Usate una misura larga? Anche voi sarete misurati largamente. In un certo modo, decidiamo noi del nostro stare bene o male in mezzo agli altri, del nostro essere trattati e considerati più o meno favorevolmente dagli altri. Certo, non si tratta di una formula per avere successo e felicità, non è uno scudo sicuro dalla malevolenza o maldicenza, o peggio. Gesù ha vissuto queste regole di vita, ed è stato rifiutato, condannato, ucciso. La sordità e la malvagità ci sono. Delle azioni altrui non siamo responsabili, possiamo esserne vittime, ma tutto si tiene: il nostro agire verso gli altri dipende da noi, e influisce sul peggio o sul meglio del loro cuore, sede delle intenzioni e delle azioni. Più immettiamo nel circolo donatività, più diventa possibile riceverne. Di Gesù ucciso, dopo lo sgomento, si è ritrovata la vita che continua a dare vita, anche se noi viviamo male. Torniamo al primo precetto: se diamo misericordia, somigliamo a Dio che crea e semina bene.

giovedì 14 marzo 2019

19 03 15 + Matteo 5, 20-26 + Una giustizia più grande 
 
[20] Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
[21] Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio.
[22] Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna.
[23] Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te,
[24] lascia lì il tuo dono davanti all'altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono.
[25] Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione.
[26] In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo! 
 
Ci occorre una giustizia più grande. Non basta il divieto di uccidere – magari uccidendo chi uccide, come abbiamo fatto per millenni, e facciamo ancora troppo (ma in California – notizia bella di questi giorni – il governatore ha stabilito una moratoria delle esecuzioni), credendo di fare giustizia con l'aggiungere male a male. Non basta non uccidere, se abbiamo in cuore l'ira, l'offesa, il disprezzo, che sono le radici dell'uccidere, i sentimenti che caricano l'arma omicida, che nutrono il veleno della guerra, che eccitano l'economia di rapina, tutte forme dell'uccidere. Senza una giustizia più grande di quella che conosciamo non entreremo nel regno della vita buona insieme, felicità possibile perché libera da oppressione e offesa.
Il tema successivo è la continuazione del primo. Cercare la pace è più importante del culto. Sospendi il culto e cerca prima la pace. Offri la riconciliazione al fratello, prima dell'offerta a Dio. Il vero dio che ti attende è nascosto nel fratello con cui sei in lite. Se prosegui il conflitto per avere ragione, se ti infili nel ginepraio della competizione,, anche con le regole della nostra piccola giustizia, sarai sempre perdente. Ci occorre una giustizia più grande.


19 03 14 + Matteo 7, 7-12 + Chiedere e dare

[7] Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto;
[8] perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
[9] Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra?
[10] O se gli chiede un pesce, darà una serpe?
[11] Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano!
[12] Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti. 
 
1) - Dunque, ogni richiesta al Padre ha sempre risposta sicura? Non è così, nella nostra esperienza. E' questa una delle difficoltà più comuni nella semplice fede. Nel paragone, il buon padre umano dà al bambino pane e pesce (guarda un po'! le stesse cose della moltiplicazione!), che sono cose buone e necessarie, e non richieste capiricciose o superflue. E certamente non risponde al bimbo con una pietra e una serpe! Ma quante volte chiediamo la guarigione, e la guarigione non viene! Non è forse cosa buona? Si veda in Luca 11,13 che cosa è detto in luogo delle "cose buone" di Matteo 7,11. Molto interessante! Questa è la risposta immancabile del Padre alla preghiera del nostro cercare, bussare, chiedere.   
2) - Nel v. 12 abbiamo la formulazione evangelica positiva della "regola d'oro" universale, che si trova quasi letterale (nella forma positiva e in quella negativa: "non fare agli altri...") in tutte le religioni, sapienze, culture, etiche di tutta l'umanità di tutti i tempi. Un giorno (qui mi ripeto) ne ho raccolte una trentina di formulazioni analoghe (il foglio n.226, Torino, gennaio 1996 (www.ilfoglio.org) e poi in Servitium (s.egidio@servitium.it), n.152, marzo/aprile 2004) da ogni parte della storia morale umana. 
3) - Si può ancora confrontare il " Chiedete e vi sarà dato" del v. 7 col "Date e vi sarà dato" (Luca 6,38): mentre chiedete, date, e avrete.

mercoledì 13 marzo 2019

19 03 13 + Luca 11,29-32 + Nella viva solitudine

[29] Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: "Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorchè il segno di Giona.
[30] Poiché come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione.
[31] La regina del sud sorgerà nel giudizio insieme con gli uomini di questa generazione e li condannerà; perché essa venne dalle estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, ben più di Salomone c'è qui.
[32] Quelli di Nìnive sorgeranno nel giudizio insieme con questa generazione e la condanneranno; perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, ben più di Giona c'è qui.


Ha appena detto: "Beati quelli che ascoltano....", e, nel vedere accalcarsi le folle, coglie con pena la superficialità di questo ascolto molto condizionato: cercano un segno per convincersi, non danno fiducia, non colgono il segno che c'è. Quella regina venne da lontano per ascoltare la sapienza di Salomone, la gente di Ninive capì il segno di Giona. Ora, qui, c'è ben di più. Ma la folla non coglie. Il giudizio è severo: "generazione malvagia, .. la condanneranno". Anche oggi, qualche volta, si radunano le folle per ascoltare Gesù. Ma dove avviene l'ascolto, se non nella conversione di ogni singolo cuore, nella viva solitudine di ogni coscienza?

martedì 12 marzo 2019

19 03 12 + Matteo 6, 7-15 + Abbiamo il coraggio?

[7] Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole.
[8] Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate.
[9] Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome;
[10] venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
[11] Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
[12] e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
[13] e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
[14] Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi;
[15] ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.


Non faremo certamente ora l'ennesimo commento al Padre nostro. Lo riascoltiamo, lo impariamo di nuovo. E' la risposta allla nostra invocazione di bisognosi: "Insegnaci a pregare" (in Luca parallelo). Credo che noi preghiamo sempre, come respirare. "Il tuo desiderio è la tua preghiera", dice S. Agostino. Eppure, forse preghiamo troppo, o troppo poco: troppe parole, un rintronare la testa a Dio, la lunga lista dei nostri bisogni, come servi, clientes, e non come amici e figli. Oppure una preghiera troppo muta, senza relazione personale, senza presenza e vicinanza, un po' disperata. La preghiera che Gesù insegna è parlare al Padre, non a un dio-chissà-chi-chissà-dove; ed è chiedere un'unica cosa (gli altri sono dettagli): venga in terra, qui, oggi, il tuo Regno. Il Regno è tutto ciò che Gesù annuncia: un modo di vivere, una "convivenza di amici, di eguali, di fratelli" (Ortensio da Spinetoli), una comunità che non è limitata ai santi, ma include gli esclusi dalla religione: i peccatori, con pubblicani e prostitute in prima fila, e una moltitudine di disgraziati in cerca di guarire. Abbiamo davvero il coraggio di pregare per una cosa simile?

lunedì 11 marzo 2019

19 03 11 +  Matteo 25, 31-46  + I giudici sonio loro
Oggi questo vangelo famoso, chi può se lo legga da solo. Nal racconto di Matteo siamo subito prima degli eventi pasquali: tradimento, passione, morte, vita. Gesù parla ora di quando verrà nella gloria, siederà in giudizio, separerà giusti e ingiusti: "Venite, benedetti, nel Regno";  "Via, maledetti, nel fuoco eterno". Ma non era venuto per salvare e non per condannare? Chissà se ci saranno proprio due specie di persone, gli uni tutti giusti, gli altri tutti ingiusti? La nostra vita, di ognuno, è così intrisa sia di bene sia di male.... Qualcuno dice che il giudice separerà dentro ognuno di noi il buono e il cattivo, brucerà questo e salverà quello. Vedremo. Intanto teniamo chiaro il criterio annunciato: non gli atti religiosi ci distingueranno, non sapienza o titoli, non la fede dichiarata, ma l'azione di soccorso ai bisognosi. Questi sono sei categorie onnicomprensive ripetute due volte: affamati, assetati, stranieri, nudi, malati, carcerati. Quatrro condizioni fisiche, due condizioni sociali. La sorpresa di tutti sarà che il giudice considera fatti a sé gli atti buoni come gli atti cattivi. Non è un giudice terzo, oggettivo: è un appassionato per ognuno dei poveri. Sono questi il vero giudice di ogni vita. Non poveri buoni e giusti, ma poveri e basta. Non poveri per colpa altrui o per colpa propria: poveri e basta. Qui c'è il giudice e ci siamo tutti noi giudicati. I poveri sembrano fuori discussione: sono il metro di giudizio.  Sono loro i giudici, e sembra che il Cristo nella gloria sia soltanto il loro avvocato. E la sentenza scaturisce da noi stessi, da ciò che saremo diventati con ciò che avremo fatto.

sabato 9 marzo 2019

19 03 09 + Luca 5, 27-32 + Noi, Gesù, i pubblicani

[27] Dopo ciò egli uscì e vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte, e gli disse: "Seguimi!".
[28] Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.
[29] Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C'era una folla di pubblicani e d'altra gente seduta con loro a tavola.
[30] I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: "Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?".
[31] Gesù rispose: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati;
[32] io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi".


Guardo il commento di Rosanna Virgili. Un pubblicano era sospetto, impuro, collaborazionista. Gesù lo vede e lo chiama. Levi lo segue prontamente, ma non nel cammino, bensì lo invita solennemente a casa sua, con i suoi colleghi e amici, ugualmente impuri. Gesù accetta e si porta anche i discepoli. Mangiare con loro era vietato dalla legge di Mosè. Mangiare mette in contatto l'esterno con l'interno, quindi riguarda non solo la salute fisica (lavarsi bene mani e braccia), come per noi, ma la salute interiore, è quindi un fatto religioso: è un fatto di comunione con i commensali, una mescolanza di vita. Così sarà appunto l'eucarestia.. E' un contatto-comunione fisica. Abbiamo visto che Gesù guarisce anche col semplice contatto del suo corpo. Gesù supera quella legge di purità, e la fa superare ai discepoli. Nella disputa che segue dice di stare come medico con i peccatori, superando la paura e l'esclusione. Che cosa significa questo per la chiesa di oggi e per noi singoli cristiani? Chi sono i pubblicani? Quali sono i contatti? Qual è la legge di esclusione? Che fare noi per fare come Gesù?

venerdì 8 marzo 2019

19 03 08 + Matteo 9, 14-15 + Il tempo dello sposo

[14] Allora gli si accostarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: "Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?".
[15] E Gesù disse loro: "Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno.

Gesù ha appena detto (vv. 11-13) "Misericordia io voglio e non sacrificio", in risposta ai farisei sacndalizzati percbhé mangia insieme a pubblicani e peccatori. Ha detto che non è venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori. Ed ecco i discepoli di Giovanni, maestro di severo ascetismo, scandalizzati anche loro perché i discepoli di Gesù non digiunano come fanno loro (in questo si accomunano ai farisei, forse più formalisti), non fanno sacrifici, non sono in lutto per il mondo perduto nel male. Gesù non ignora lo stato del mondo, sa che verrà il tempo del sacrificio inflitto dagli avversari, ma ora non è il momento; ora lo sposo - che è lui stesso portatore della gioia del vangelo, e dell'unione nuziale del Padre con l'umanità - è con chi lo segue, ora è giusto festeggiare queste nozze. Parole giuste per noi cristiani che, da una tradizione di quaresima tutta penitenza nella cenere, più che preparazione alla Pasqua, siamo passati ad ignorare la qualità dei diversi tempi, sia il tempo gioioso dello sposo sia il tempo della perdita, in un piattume di vita veloce segnata quasi solo dagli avvenimenti esteriori che si accavallano su di noi.

giovedì 7 marzo 2019

19 03 07 + Luca 9, 22-25 + La croce e le politiche contro i poveri

[22] "Il Figlio dell'uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno".
[23] Poi, a tutti, diceva: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.
[24] Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà.
[25] Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?

Questo vangelo è duro. Sappiamo che il vangelo è annuncio di bene e di gioia. Papa Francesco esorta a capire che il vangelo è gioia, e a viverlo così. Gesù ha annunciato alla sua gente percono, misericordia e salvezza. Non ha condannato se non l'ipocrisia. Oggi stiamo "superando la mentalità sacrificale" (sottotitolo del libro di G. Ferretti, Spiritualità cristiana nel mondo moderno, Cittadella 2016). Gesù annuncia due volte "Voglio miericordia e non sacrifici". Dio non vuole essere pagato e placato con sacrifici: ci salva gratis. E così ci impegna alla vita buona. Ma Gesù sa che lui sarà sacrificato: il sistema religioso lo ripudierà e lo farà morire. Dice cose opposte alla mentalità religiosa-commerciale, del dare a Dio una triste religione per avere protezione e benedizione. Gesù prepara i discepoli increduli a questo esito, che è disastroso per una fede facile, ottimista, interessata. Infatti ne saranno sconvolti, pur avvisati. Ma Gesù dice anche che la Vita che è in lui vincerà sulla morte, il bene non soccomberà. La richiesta ".. rinneghi se stesso" (ripetuta nei tre sinittici: Mt 16,24; Mc 8,34; Lc 9,23) che Gesù pone come condizione per seguirlo, forse vuol dire: non c'è rapporto per chi si basa solo su di sé, per chi fa l'autosufficiente. L'essere è relazione. Nessuno si salva facendo conto su se stesso e sui propri meriti. Invece, si tenga in relazione con lui ("Se qualcuno vuol venire dietro di me.."), viva una vita generosa e donativa come la sua. Una tale vita non si perde. Si perde invece in un pugno di mosche la vita avida e chiusa, perché la morte non lascia nulla di vivo in una vita accartocciata su di sé. Il cristiano non ama la croce, non si sottomette al potere omicida, che ha ucciso Gesù, ma accetta il costo della vita buona, come l'ha accettato Gesù. La croce non è volontà di Dio, non è segno suo: è un patibolo maledetto, segno della violenza umana, uguale alle forche, alle torture, alle stragi di oggi, alle politiche che respingono e opprimono i poveri. Quella croce diventa un segno di vita, perché il Padre trasforma la morte di Gesù, accettata per coraggiosa forte fedeltà alla verità, in vita invincibile. Le nostre croci, le croci delle vittime, sono soltanto mali, che, sulla via di Gesù, diventano forza di vita. Nulla è facile e liscio. Questo vangelo è consolazione, ed è anche duro da accogliere.

martedì 5 marzo 2019

19 03 06 Mercol. Mt 6,1-6.16-18

Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c'è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli.
Dunque, quando fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un'aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo,che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».
Mi prendo la libertà di immaginare Gesù nel dire ai discepoli queste parole, che devono essersi impresse bene nella loro memoria anche grazie al carattere vivace del discorso. Lo immagino con l'aria severa e anche addolorata, e indignata, come ogni volta che si trova di fronte l'ipocrisia. Immagino però che dagli avvertimenti severi passasse anche a scimmiottare con qualche gesto i personaggi di cui ci dà un quadretto: la tromba, le mani che vistosamente gettano l'elemosina, la postura ritta sugli angoli per essere ben visti, la malinconia e l'aria disfatta e la faccia non lavata per esibire il digiuno. Poi quel ritornello tanto grave quanto triste: «Hanno già ricevuto la loro ricompensa». Ma guardiamo alla parte costruttiva del brano: fai la tua elemosina nel segreto, il Padre vede. Prega sinceramente e intimamente, senza gesti pubblici, il Padre ti ascolta. Quando digiuni, làvati e profùmati, il Padre ne tiene conto. Ci viene una domanda: la chiesa dei discepoli, da allora ad oggi, cioè la riunione dei fedeli per pregare, doveva erigere templi maestosi, radunare numeri enormi, costruire forme e decosi strepitosi, e allontanarsi talmente dai consigli di Gesù?Ma come ha fatto? Ora che i numeri si riducono (probabilmente non è male) non si dovrebbe ritrovare la semmplicità della "ec-clesìa"? In realtà, ci sono realtà e spiritualità di questo genere, che il Padre vede.
19 03 05 + Marco 10, 28-31 + Vivere di più.

[28] Pietro allora gli disse: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito".
[29] Gesù gli rispose: "In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo,
[30] che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna.
[31] E molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi".

Letta una parola di vangelo, bisognerebbe tacere e lasciarla crescere in noi. Ma tacere crea il bisogno di dire ciò che ci dice quella parola, di capirla insieme, di tradurla per la nostra vita oggi. Ogni tentativo è insufficiente, continuamente correggibile, ma necessario, senza omettere il tempo di silenzio, come il chicco di grano giace nella terra invisibile, da novembre a ora, che è marzo e appena appena spunta un germoglio. Oggi ci è detto: lasciare tutto, e trovare di più. Non si tratta, mi pare, di abbandonare persone e impegni, ma di guardare senpre oltre, quel vivere di più, anche costoso, che Gesù ci ha presentato nella sua persona e proposto come vangelo di vita. Viviamo le stesse cose, ma di più. E le gerarchie del mondo si capovolgono.

lunedì 4 marzo 2019

La mia fede (ultima revisione, per ora, del 4 marzo 2019)
Io credo di avere un po' di fede. Penso che fede non sia sottoscrivere una dottrina, né la conclusione di un ragionamento, meno ancora appartenere a una religione. È una fiducia. Non si dovrebbe dire "credo in Dio", semmai "credo a Dio". Si crede a qualcuno con un atto ragionevole, non assurdo, sì, ma non solo un atto intellettuale, non solo una verifica sperimentale: è un'adesione del sentimento, dell'intelligenza emotiva e valoriale, che coglie il bello di una persona, di un ideale, con quel senso di partecipazione, di consonanza, che mi fa dire: questo è un bene per la mia vita, questa persona mi indica e mi trasmette un buon significato, una direzione e una speranza, un modo di vivere che sento buono e bello. Dunque lo riconosco, perché in fondo è quello che aspettavo. Qui mi trovo bene, mi sento amato, trovo pace. Anche se ci vuole continuo coraggio e forza interiore per mantenere e far vivere la fede davanti ai colpi del nulla distruttivo. Anche se l'adesione è impegnativa, anche se mi fa sentire la mia inadeguatezza, le mie infedeltà, i miei errori: ma questa è la mia strada. E chi me la indica e mi precede e accompagna, è mio maestro, e mio salvatore dal male e dal non-senso.

Se la fede non è un'evidenza cogente, il dubbio l'accompagna sempre. Secondo me, non si tratta del dubbio teorico (ci sarà, non ci sarà? è vero, non e vero?), ma del non-possesso. Fiducia è meno (ma anche più) della certezza. È la povertà che nell'evangelo è detta beata, cioè felice, grande, vita realizzata, nonostante le apparenze. È appoggio non sull'evidenza, che si impone e non posso rifiutare, ma sulla presenza, che io accolgo o non accolgo. L'evangelico "… rinneghi se stesso" (Mt 16,24; Mc 8,34; Lc 9,23) che Gesù pone come condizione per seguirlo, forse vuol dire: non c'è rapporto per chi si basa solo su di sé, per chi fa l'autosufficiente. L'essere è relazione. Sapere non le cose morte, ma la vita, è fidarsi, affidarsi, consegnarsi, appoggiarsi. E diventa coscienza di dover offrire appoggio, con l'incertezza sulla mia capacità. Fede come appoggiarsi a una persona, è non consistere solo in se stessi, è stare in piedi grazie al braccio amico, offerto, non mio. È altro dal "com-prendere" intellettuale, e dal possedere. Nella relazione c'è il relativo, uno spazio interrogativo tra l'assenza e la presenza.

Salvatore dal nulla è per me Gesù di Nazareth, ma riconosco un valore simile al suo nei maggiori illuminati della storia spirituale dell'umanità: i grandi sapienti, i profeti dallo sguardo teso in avanti, le sante anime dell'agire buono e della misericordia verso tutti, i coraggiosi liberatori delle vite oppresse. Trovo tanti maestri di vita e da tutti ricevo dei beni, li accolgo con libertà critica, e con gratitudine. Non metto in opposizione tra loro le religioni: quelle cosiddette "maggiori", cioè più a lungo e largamente seguite nei secoli dalle generazioni umane, evidentemente hanno aiutato a vivere, hanno dato un significato anche ai dolori e oscurità delle nostre esistenze. E vivere con un senso salva la vita dal nulla e dalla morte. Ma, per le circostanze di tempo e di luogo della mia vita, nessuno, per me, più di Gesù di Nazareth illumina la via e anima il cuore e la volontà. Mi sento di dire come sorella Maria di Campello quando scrive a Gandhi: «Io sono creatura selvatica e libera in Cristo, e voglio con Lui, con te, con voi, con ogni fratello cercatore di Dio, camminare per i sentieri della verità» (24 agosto1928). «Io sono riconoscente e in venerazione per la Chiesa della mia nascita e della mia famiglia, ma la chiesa del mio cuore è l’invisibile chiesa che sale alle stelle. Che non è divisa da diversità di culti, ma è formata da tutti i cercatori della verità» (11 luglio 1932). Mi sento in una comunione spirituale universale, con differenze che non sono divisioni, se intese bene. Quindi, in una “chiesa senza confini”.

Credendo a Gesù credo a Dio: questo nome è molto improprio, generico, serve per molte figure. Il nome del dio vero non lo sappiamo: Gesù lo chiama Padre. Usa il linguaggio del suo tempo, che noi dobbiamo tradurre nel nostro linguaggio, perciò è assurdo limitare al genere maschile (con effetti sulla nostra antropologia) l'immagine del Padre, che comprende anche quelle che per noi sono le qualità femminili, di Madre. Vuol dire, in sostanza, che è un Vivente che dà vita, che vuole il nostro bene, che ama e soccorre, perdona, protegge, carezza e accoglie. Lo fa per vie spesso difficili da capire, da interpretare. Ma ci dà soprattutto segni e parole interiori, suggerimenti al nostro spirito, che ci sostengono nella fatica, con fiducia. E ci dà anche segni efficaci nelle persone buone, generose, donative, che ogni tanto incontriamo e ricordiamo, vite che ci incoraggiano e nutrono la nostra vita. Credo a Dio, ma più che Padre, e Signore, supremo, trascendente, riesco a pensarlo come Spirito interiore, vivissimo, aggiunta di Vita alla nostra vita. Lo intuisco non fuori, ma nel profondo di me, dove comunico veramente, per suo tramite, con tutte le vite e con tutta la realtà

Tutto questo lo trovo, lo sento, in modo eminente e pieno, nelle parole, gesti, sentimenti di Gesù, trasmessi a noi da quelli che lo hanno conosciuto, con i linguaggi delle loro culture, un linguaggio spesso simbolico, poetico, per esprimere luci inesprimibili nel comune linguaggio delle cose. Gesù è detto il Cristo, cioè unto, segnato, prescelto, uomo nuovo e santo, immagine perfetta di quel Padre-Madre, che così vive nella nostra umanità. Lo Spirito di Dio che è in ognuno di noi, e in tutte le vite e le cose, è nell'uomo Gesù in modo pieno e perfetto. A Gesù presto la maggiore fiducia, gli rivolgo la preghiera. La quale è un rapporto molto semplice: stare in sua presenza, chiedergli il suo Spirito santo, che ci ha promesso, per vivere la sua vita, per vincere il male e la morte. Il mondo lo ha ucciso, ma noi sentiamo che la sua vita è molto viva, così viva che regna sopra la morte, la vince, ed egli continua a comunicare a noi quella sua forza di vita. La fede sa intimamente, nonostante i colpi del male, che il bene è più forte del male.

Viviamo e speriamo, cerchiamo di agire nel suo spirito, confidiamo nel perdono e nella forza del suo amore universale. Questo è ciò che credo, nel rispetto delle altre fedi o pensieri che aiutano a vivere al meglio la nostra umanità. Tutto il resto è contorno, modalità variabili di espressione, organizzazione possibile e perfezionabile della comunità del suoi discepoli, momenti comunitari di ascolto, di fede e di preghiera, in modi non assoluti, relativi secondo luoghi, culture, tempi. Vorrei vedere smontare forme, decori, monumenti e orpelli religiosi, e restare sola semplicità e bellezza povera. Tra i momenti della vita di fede il più bello e importante è la mensa (non un altare! non un tempio! non gerarchie sacralizzate!) in cui rispondiamo alla sua richiesta "Fate questo in memoria di me", cioè ripetiamo la sua ultima cena prima dell'arresto e della morte: in questo atto di memoria e di fede, vissuto insieme tra noi, Gesù è veramente presente, e si comunica a noi, come persona. Celebriamo la sua nutriente presenza, non le nostre cerimonie e teorie. Pane e vino sono segni della sua vita trasmessa in noi, corpo e sangue. Che la mensa eucaristica non sia mai luogo di divisione teologica, ecclesiastica, disciplinare, gerarchica, sacrale, ma sempre solo luogo di profonda umile paziente e aperta comunione.

Troppe teorie e dogmatismi sono nati attorno all'essenziale. Non ci si deve dividere sulle teorie, sebbene in parte utili a pensare ed esprimere la fede. Come discepoli di Gesù ci è chiesto di agire, come lui, per il bene del nostro prossimo, di chi ha più bisogno di giustizia e di amore. Questo è tutto il da fare laico, per vivere nella fede. Il resto è commento, opinabile, variabile, superfluo: l'unico problema delle strutture teoriche e comunitarie dei cristiani è che siano leggere, povere, umili, per essere trasparenti al vangelo di Gesù. Dunque, le comunità di credenti, le chiese di ogni tradizione, non devono più pretendere di ricoprire società intere, non possono più identificarsi con civiltà storiche, o addirittura realtà politiche (come pretendeva la cristianità, e ancora pretendono alcune forme socio-religiose), ma devono rispettare la primaria libertà di ogni coscienza personale. La piccolezza numerica può essere maggiore autenticità, e questa è la sola cosa che conta. Il vangelo si comunica negli atti dei cristiani, che poi rendono ragione della loro speranza.

La fede nel Dio che è amore richiede la morale dell'amore. Più che a regole fisse, più che a campi definiti di virtù e di peccato, la realizzazione dell'amore nelle circostanze concrete è affidata al discernimento personale: è amore dare certezze al dubbioso ed è amore l'azione contraria: mettere dubbi al presuntuoso. È sempre amore sostenere la vita, i bisogni, le attese, confortare le pene, dare amicizia e gioia ad ogni prossimo che incontriamo, come fece Gesù in parole e azioni, fino in fondo. Avere fede è invocare e praticare questo suo spirito, e resistere con forza agli attacchi disperanti. (E. P. )
Il bene più prezioso
Le relazioni umane, i rapporti da persona a persona, sono il bene più prezioso, più desiderato, più necessario, e anche il più difficile e delicato. Sono il respiro, il pane, l'acqua della vita. <<Amicizia, speranza, sorriso, sono i primi diritti-bisogni umani>>, diceva il filosofo del diritto Giuseppe Capograssi. La loro presenza e fioritura è felicità. La loro incrinatura è dolore, la loro mancanza è la più grande povertà, la loro corruzione o perdita è il maggiore dei dolori possibili. La loro ricerca è la religione e l'anelito di ogni persona, può essere preghiera umile, ma può anche degenerare in assedio ingannevole o persino assalto e rapina, ottenendo non la relazione ma una sua immagine falsa e contraria. Curare ogni relazione umana, difenderla anzitutto dal nostro egoismo, dal primato dell'io e del "noi" sopra l'altro e gli altri; custodirla con l'attenzione, la premura, la cura, la ricostruzione; proteggerla con la buona educazione, e col tenerla al riparo dai giudizi accusatori, dai malintesi, dal pensar male, tutto questo è il lavoro principale di ognuno per la vita, prezioso come il lavoro per il pane. Proteggere noi stessi, nelle nostre relazioni, dall'eccesso di sensibilità e di esigenze, perciò farci insensibili alle offese mediante la forza dell'umiltà, e mantenerci miti nelle esigenze, per non caricare altri di doveri, tutto questo è arte delicata della buona relazione. Andare incontro alle attese, sapendole presto riconoscere, curare le ferite involontarie, chiedere semplicemente il perdono per le mancanze o le azioni negative da noi commesse, senza anzitutto difenderci (le spiegazioni verranno dopo), questa è la necessaria fatica del lavoro e dell'arte della relazione umana. Se sappiamo almeno dimostrare che desideriamo questa relazione, siamo nella civiltà dell'amicizia e della pace, siamo sulla via dell'amore, nelle sue varie forme, dall'amore di coppia all'amore politico. Perché anche la politica, la giustizia, consiste in questo. <<All you need is love>> (John Lennon). Il mondo ha bisogno di amore, tutto il resto viene di seguito. [ e. p. ]

domenica 3 marzo 2019

19 03 04 lunedì + Marco 10, 17-27 + Santità e patrimonio

[17] Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?".
[18] Gesù gli disse: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo.
[19] Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre".
[20] Egli allora gli disse: "Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza".
[21] Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: "Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi".
[22] Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni.
[23] Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: "Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!".
[24] I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: "Figlioli, com'è difficile entrare nel regno di Dio!
[25] È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio".
[26] Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: "E chi mai si può salvare?".
[27] Ma Gesù, guardandoli, disse: "Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio".

La prima cosa da notare è lo zelo di quel "tale" (vale a dire, può essere ognuno di noi) che ferma Gesù mentre si incammina, gli corre incontro, si butta in ginocchio, lo chiama maestro e buono (non è un po' esagerato nei gesti? non c'è un po' di esibizione?). Chiede tutto: la via per la vita eterna! Per prima cosa, Gesù lo smonta: "Perché esageri nel lodarmi? Andiamo al sodo: il necessario lo sai: non fare il male, rispetta tutti". "Ma io sono a posto, in queste cose" risponde l'uomo. Più o meno sinceramente, vuole qualcosa di più, vorrebbe sentirsi perfetto. Tra poco capiremo che tipo è: abituato ad avere tutto. "Allora, se sei a posto con la legge – gli dice Gesù – ti manca solo una cosa: regala tutto ai poveri". Cioè, supera le regole della correttezza, non accontentarti di non fare il male, lascia libero l'amore donativo, non occuparti della tua perfezione. E' il comandamento aggiunto ai dieci, la nuova legge libera, che segue le beatitudini: "Dai senza nulla attendere, fai come fa il Padre, e sarai simile a lui". Si diventa perfetti quanto meno ci si occupa di essere perfetti. Ma il ricco nel cuore vorrebbe solo aggiungere la santità al suo patrimonio, e questo è impossibile! Il patrimonio attaccato al cuore è un ingombro troppo grosso alla porta del Regno. Ma Dio può far tutto, persino questo miracolo. Meno male!

venerdì 1 marzo 2019

19 03 02 sabato + Marco 10, 13-16 + Diventare come loro

[13] Gli presentavano dei bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli li sgridavano.
[14] Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: "Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio.
[15] In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso".
[16] E prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li benediceva.

Anche oggi, le mamme presentano i bambini ad una persona buona, specialmente se è famosa (a volte è famosa e non buona: certi dittatori!) per farli toccare, accarezzare. Se poi c'è anche la foto... Nel caso di Gesù la foto è questi 4 versetti, raccontati chissà quante volte da quelle mamme, fino ai loro ultimi giorni, e infine scritti e raccolti da Marco. Ė come se qualcosa di quella bontà, o fortuna, scendesse nel bambino. Toccare è sempre importante, anche tra noi adulti o vecchi. Il corpo è il primo sacramento. Lo usiamo anche troppo poco. Il corpo di Gesù – le braccia, le mani - è il pieno sacramento. La comunione al pane e al vino nella cena eucaristica ci fa toccati e benedetti come quei bambini. Non importa che pensiamo la transustanziazione o la transignificazione, o che non pensiamo nessuna teoria. Importa che crediamo che Gesù ha promesso di essere davvero dove, anche solo due o tre di noi, si riuniscono per fare in sua memoria - «Fate questo in memoria di me» - quel mangiare insieme che è un totale essere insieme, corpo, sangue, vita, spirito. Per questo conta la fede comune a tutti i cristiani, e non le differenti ipotesi teoriche. Per questo si comincia finalmente (a Torino da 8 anni, anche ad Avellino, e qua o là) a celebrare ogni tanto l'eucarestia insieme cattolici e protestanti. Ma torniamo ai bambini. Gesù si arrabbia coi discepoli che li allontanano. Bisogna essere come i bimbi per accogliere il regno di Dio, la realtà nuova. Altrove dice: "Se non diventerete come bambini....". Diventare, non ritornare! Qualcuno mi ha proposto una spiegazione: essere bambini vuol dire crescere, guardare avanti, correre, essere tesi al nuovo, essere capaci di meraviglia, essere all'inizio, sulla soglia, senza la nostra pretesa di aver visto tutto e di saperla lunga, anche su Gesù. Ricordo qualche anno fa, una eucarestia domestica in una famigliola, dove il papà, senza pensarci due volte, diede un pezzetto di pane eucaristico al bambino di due anni. Fece male? Nessuno si scandalizzò.