martedì 19 febbraio 2019

19 02 20 - Marco 8, 22-26 - Il protocollo chirurgico
[22] Giunsero a Betsàida, dove gli condussero un cieco pregandolo di toccarlo.
[23] Allora preso il cieco per mano, lo condusse fuori del villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: "Vedi qualcosa?".
[24] Quegli, alzando gli occhi, disse: "Vedo gli uomini, poiché vedo come degli alberi che camminano".
[25] Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente e fu sanato e vedeva a distanza ogni cosa.
[26] E lo rimandò a casa dicendo: "Non entrare nemmeno nel villaggio".

Un miracolo in due tempi, laborioso, non magico. Dopo la prima applicazione di saliva, Gesù verifica il risultato con una domanda. Il cieco vede, ma piuttosto male, distingue gli uomini dagli alberi solo perché camminano. Deve avere una forte cataratta. Secondo toccamento (non chirurgico a modo nostro, ma "chirurgia" vuol dire proprio "lavoro delle mani"), e la vista è chiara, a distanza (vuol dire che è rimasto presbite?). Interessante che, all'inizio, gli amici del cieco chiedono a Gesù, non di guarrirlo, ma di toccarlo. Sanno che il suo contatto risana. Confidano (come in altri casi già visti) che il suo corpo, prima ancora della sua volontà, guarisca. E per prima cosa Gesù prende il cieco per mano, e lo conduce a parte, proprio come si fa con chi non vede il terreno. La mano supplisce agli occhi mancanti. Mano-saliva-mani-domanda-mani-dimissioni, è la sequenza delle operazioni di Gesù sul cieco, diremmo il protocollo chirurgico.
Cosa può significare per noi? Il contatto di guarigione con la persona di Gesù può essere non fulmineo, ma graduale, con mezzi risultati, con ritorni, fino ad un potere andare autonomi, con una luce propria ricevuta; andare a casa propria, al proprio compito, senza nemmeno più il bisogno di passare a Betsàida, forse perché Gesù non vuole clamore attorno al miracolo, forse perché il guarito non ha più bisogno degli amici che lo hanno condotto a Gesù.

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