lunedì 9 novembre 2020

 

Un'idea per la sinistra  (2019 10 30)

Già, un'idea. Pare che ci voglia, per proporsi in politica. C'è anche chi ne fa a meno: propone una faccia, una maniera di fare, un “cambiamento” (per dove? su quale binario?). Un'idea non si improvvisa. Deve venire da lontano, ed anche essere attuale, presente, deve guardare al domani. Deve toccare dentro, evocare qualcosa di profondo. Anche l'orgoglio nazionale e razziale tocca nel profondo, ma quale profondo…

Parliamo di un'idea per la sinistra, non una idea qualunque. Dicono che non ha più senso destra e sinistra. Invece sì. Io sto con Bobbio: «Ritengo che il politico di sinistra deve essere in qualche modo ispirato da ideali, mentre il politico di destra basta che sia ispirato da interessi: ecco la differenza» (dall'intervista "Che cos'è la democrazia?", Torino, Fondazione Einaudi, 28 febbraio 1985). «La differenza [fra sinistra e destra] è fra chi prova un senso di sofferenza di fronte alle disuguaglianze e chi invece non lo prova e ritiene, in sostanza, che al contrario esse producano benessere e quindi debbano essere sostenute. In questa contrapposizione vedo il nucleo fondamentale di ciò che è sinistra e di ciò che è destra». «Sarei tentato di dire che la distinzione va al di là delle semplici idee politiche, è un elemento quasi antropologico» (AA. VV. La sinistra nell’era del karaoke, I libri di Reset, Donzelli 1994, p. 51 e p. 47).

Tutto cambia, ma niente cambia nel fondamentale. La politica non è meccanica, ma etica, se è l'opera della convivenza umana. Guardiamo indietro, lontano. «Tutti gli uomini hanno un animo sensibile all'altrui sofferenza. (…) Non sono uomini [cioè, non vivono a livello umano] quanti sono privi di animo sensibile ai sentimenti della partecipazione e della compassione» (Mencio, filosofo confuciano, IV-III sec a. C.) «Il sentimento dell'umanità si esprime nel “non sopportare le sofferenze altrui”» (Cfr P. C. Bori, Per un percorso etico tra culture, Carocci 2003, p. 59). Non è forse, quello di Mencio, lo stesso pensiero di Bobbio sulla differenza etica in politica? Possiamo vedere altri testi etici, attraverso i tempi, che Bori ha raccolto nell'antologia citata, a seguito del lavoro teorico Per un consenso etico tra culture, Marietti 1995.

Certo, ci sono momenti in cui la politica deve conservare il presente, pur difettoso e carente, o ingiusto, e difenderlo da pericoli maggiori. Ci sono tempi e luoghi in cui la vita di una società è sottomissione ad un potere oppressivo e violento: chiamiamo politica anche questa, ma è politica?

Il progresso umano, l'umanizzazione delle relazioni sociali, è una dinamica, anche faticosa e accidentata, ma diretta ad un obiettivo, un orizzonte che guida l'azione. Senza un obiettivo umano, la politica è un potere contro la vita comune. Un'istanza radicale, l'anarchia etica, disconosce le istituzioni politiche in quanto tali. Una continua ricerca etico-politica vuole e spera che anche le istituzioni realizzino migliore umanità. La modernità, con le sue rivoluzioni, pur con gravi contraddizioni (p. es. il cosiddetto “socialismo reale”, ovvero il comunismo sovietico, ed ogni altra forma oppressiva, fino all'oscura tecno-finanzo-crazia), ha mirato ad un modello più umano. Vi mira ancora?

Riferendosi alla rivoluzione per eccellenza, quella francese, Jean-Paul Sartre, poco prima di morire (il 15 aprile 1980), completava la terna emblematica Liberté, Égalité, Frtaernité. Cercando «un'idea per la sinistra», prendeva proprio il terzo termine, il più dimenticato, e così lo completava: «fraternité sans terreur». La rivoluzione francese completata, senza la fase del Terrore e della restaurazione imperiale (lunga intervista su Repubblica, 13-14 aprile 1980, data a Benny Lévy, da Le Nouvel Observateur, marzo 1980).

Dunque fraternità: «La fraternità non è un mito: è il rapporto della società tra i suoi membri». «Le persone hanno un rapporto primario, che è appunto il rapporto di fraternità». «Due uomini che parlano tra loro hanno la stessa madre». Ma Sartre aggiunge l'esclusione del Terrore, della violenza.

Egli non matura il pensiero fino alla proposta-esperienza della forza nonviolenta gandhiana, ma è questa, nel pieno del Novecento orribile, la rivoluzione nuova, e Sartre la intravede e la propone alla sinistra. È l'idea che permette di pensare e volere libertà e uguaglianza insieme a rapporti e istituzioni di pieno rispetto della pari dignità degli umani, senza alcuna violenza sociale, e qundi in realizzazione dei diritti, nei reciproci doveri. Le dichiarazioni e le costituzioni dopo i fascismi lo dichiarano, ma l'attuazione è contrastata e si direbbe persino smarrita. Un'idea per la sinistra è questa. L'art. 3 della nostra Costituzione è in questa liena, dimenticato come la Fraternité. Ecco il compito della sinistra, per scartare la nuova minaccia fascista.

Enrico Peyretti, 30 0tt0bre 2019

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