giovedì 7 marzo 2019

19 03 07 + Luca 9, 22-25 + La croce e le politiche contro i poveri

[22] "Il Figlio dell'uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno".
[23] Poi, a tutti, diceva: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.
[24] Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà.
[25] Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?

Questo vangelo è duro. Sappiamo che il vangelo è annuncio di bene e di gioia. Papa Francesco esorta a capire che il vangelo è gioia, e a viverlo così. Gesù ha annunciato alla sua gente percono, misericordia e salvezza. Non ha condannato se non l'ipocrisia. Oggi stiamo "superando la mentalità sacrificale" (sottotitolo del libro di G. Ferretti, Spiritualità cristiana nel mondo moderno, Cittadella 2016). Gesù annuncia due volte "Voglio miericordia e non sacrifici". Dio non vuole essere pagato e placato con sacrifici: ci salva gratis. E così ci impegna alla vita buona. Ma Gesù sa che lui sarà sacrificato: il sistema religioso lo ripudierà e lo farà morire. Dice cose opposte alla mentalità religiosa-commerciale, del dare a Dio una triste religione per avere protezione e benedizione. Gesù prepara i discepoli increduli a questo esito, che è disastroso per una fede facile, ottimista, interessata. Infatti ne saranno sconvolti, pur avvisati. Ma Gesù dice anche che la Vita che è in lui vincerà sulla morte, il bene non soccomberà. La richiesta ".. rinneghi se stesso" (ripetuta nei tre sinittici: Mt 16,24; Mc 8,34; Lc 9,23) che Gesù pone come condizione per seguirlo, forse vuol dire: non c'è rapporto per chi si basa solo su di sé, per chi fa l'autosufficiente. L'essere è relazione. Nessuno si salva facendo conto su se stesso e sui propri meriti. Invece, si tenga in relazione con lui ("Se qualcuno vuol venire dietro di me.."), viva una vita generosa e donativa come la sua. Una tale vita non si perde. Si perde invece in un pugno di mosche la vita avida e chiusa, perché la morte non lascia nulla di vivo in una vita accartocciata su di sé. Il cristiano non ama la croce, non si sottomette al potere omicida, che ha ucciso Gesù, ma accetta il costo della vita buona, come l'ha accettato Gesù. La croce non è volontà di Dio, non è segno suo: è un patibolo maledetto, segno della violenza umana, uguale alle forche, alle torture, alle stragi di oggi, alle politiche che respingono e opprimono i poveri. Quella croce diventa un segno di vita, perché il Padre trasforma la morte di Gesù, accettata per coraggiosa forte fedeltà alla verità, in vita invincibile. Le nostre croci, le croci delle vittime, sono soltanto mali, che, sulla via di Gesù, diventano forza di vita. Nulla è facile e liscio. Questo vangelo è consolazione, ed è anche duro da accogliere.

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