sabato 19 maggio 2018

18 maggio 2018 – Viene Pentecoste
Viene Pentecoste. Non è una domenica come le altre. Non è la fine del periodo pasquale, col ritorno alla liturgia ordinaria, senza aggiunte speciali. Non è la festa della fondazione della Chiesa che si ingrandisce, recluta  fedeli da tutti i popoli e diventa un impero spirituale (e non solo...). Non ce ne rendiamo conto, ma la Pentecoste è il frutto della Pasqua. E' la festa cristiana più importante di tutte. A Natale tutti buoni: Dio è un bel bambino, sospendiamo i nostri litigi, ci facciamo qualche regalo, con le canzoncine adatte. A Pasqua è quasi primavera: Gesù, sì, è vero, il clero ebraico e l'impero romano l'hanno ammazzato, ma lui è risorto, tranquilli. Ci sfugge il fatto che, sapendo di morire e scomparire, ha detto che era meglio che lui andasse via, e aveva promesso ai suoi, e così anche a noi, di mandarci e metterci in cuore il suo Spirito, per farci vivere la sua vita. Se fosse risorto e tornato nei suoi cieli, la nostra storia con lui finirebbe a Pasqua, col decollo verticale dell'Ascensione. E non è forse così, tante volte, per noi cristiani distratti? Invece, Dio non è più lassù chissà dove, fuori di noi (il Dio "estrinseco", diceva Michele Do), dopo aver fatto una incursione quaggiù, per dirce alcune belle cose, darci la sua legge da rispettare, e poi via, lassù dove non si vede. Lo Spirito di Dio è dentro di noi, se ce ne rendiamo conto e lo sentiamo vivere e farci vivere. Il profeta ci aveva promesso il trapianto di un cuore di carne al posto del nostro cuore di pietra. La Pentecoste è la festa di questo trapianto. E' la festa più grande della vita cristiana. Ci è dato un cuore di carne, il suo spirito è dentro di noi: cioè, il suo sentimento, il suo stile di vita, il suo modo di guardare gli altri e le cose, la sua mentalità, anche se si esprime in tanti e vari modi. E la Pentecoste è festa anche per chi non lo sa, perché lo Spirito riempie l'orbe terracqueo, è effuso in tutti i cuori, senza differenze di popoli e religioni, è più grande di tutte le chiese, e ispira il bene in tutti, se abbiamo un ascolto interiore. E' la festa più grande. Io metto la camicia bianca e la cravatta, come solo tre o quattro volte all'anno.

lunedì 7 maggio 2018

Un possibile schema e sintesi della Evangelii Gaudium,
di papa Francesco, e alcune domande (maggio 2018)
(Questa sintesi naturalmente è discutibile, ora è più ristretta, ora più diluita, sorvola o si sofferma su un punto o l'altro secondo quella che sembra la loro rilevanza. Ma può essere utile per vedere le linee generali e, dove occorre, andare al testo completo. Arriva solo al n. 237, per mancanza di tempo) Maggio 2018

Vangelo: La gioia di essere amati da Dio (n.1- …
- non basta credere che ci ami, bisogna entrare in relazione intima

Cap. I - Missione di comunicare questa gioia
- chiesa in uscita, non per se stessa (n. 20-...
- è missione di tutti i cristiani verso tutti gli umani
- è missione attiva, iniziativa, non è solo per noi
- è stare con la gente (odore di pecore, n. 24-…), in mezzo alle case (n. 28-...

Problemi ed errori nella missione
- il gregge (il popolo cristiano) ha un suo olfatto per individuare nuove strade. Il vescovo sta davanti, in mezzo, dietro (n. 31-…
- una conversione del papato; collegialità, autorità dottrinale delle conferenze episcopali (n. 32-…
- non tradizionalismo ripetitivo (n. 33), anche in alcune questioni morali tradizionali che perdono senso fuori dal contesto (n. 34).
+ Domanda 1: Fare esempi: quali questioni morali nel n. 34?.
- concentrare sull'essenziale: amore salvifico di Dio in Gesù. Virtù misericordia, carità, giustizia. Che cosa si predica come principale? (n. 34-39)
- non dottrina monolitica, ma ricchezza dei vari aspetti (n. 40)
- a volte, linguaggio troppo ortodosso e sicuro non trasmette il cuore del vangelo. Espressione multiforme della verità. La fede conserva oscurità, l'amore comprende. Ci sono norme e precetti non più educativi; non schiavitù ma misericordia. L'ideale evangelico e il cammino di crescita. Il confessionale non sala di tortura, ma misericordia. Fare il bene possibile (n. 41-45)

Chiesa a porte aperte (n. 46-49)
- sacramenti non premio per i perfetti ma alimento per i deboli
- chiesa non dogana ma casa paterna, c'è posto per tutti, con la loro vita faticosa
- arrivare a tutti senza eccezioni, i disprezzati, i poveri. Vincolo tra la fede e i poveri
- meglio chiesa accidentata sulle strade che malata, chiusa nelle sue sicurezze

Cap. II - Nella crisi dell'impegno comunitario (n. 50-...
- non è compito del papa un'analisi completa, ma fare discernimento evangelico, studiare i segni dei tempi (n. 51)

I - Alcune sfide del mondo attuale: (n. 53-75)
- no a un'economia dell'esclusione, dove il forte mangia il debole. “Questa economia uccide”. Teoria dello “sgocciolamento”. Globalizzazione dell'indifferenza. Idolo denaro sopra l'uomo, ridotto a consumatore. Gravi diseguaglianze. Tirannia del debito. Denaro governa invece di servire. Non condividere con i poveri è derubarli. Occorre riforma finanziaria con cambio di mentalità dei dirigenti politici. (n. 53-58)
+ Domanda 2: il papa, nei nn. 53-58, fa politica economica? (v. anche Domanda 4)
- inequità genera violenza degli esclusi, perché il sistema sociale ed economico è ingiusto alla radice. Non sono impiantate le condizioni di uno sviluppo sostenibile e pacifico. Corsa agli armamenti. Le armi e la repressione creano maggiori conflitti. Tentativi di “educare” i poveri alla rassegnazione. Corruzione radicata in molti paesi (governi, imprenditoria, istituzioni)
- anche affrontare queste sfide è evangelizzazione. Nella cultura dominante, l'apparenza prevale sulla realtà della vita. Vescovi Africa e Asia denunciano il deterioramento dei valori e radici culturali ad opera della globalizzazione. La secolarizzazione riduce la fede al privato e porta relativismo morale. Nonostante ciò, la chiesa cattolica resta credibile per la pace, concordia, ambiente, difesa della vita, diritti umani, il bene che è la famiglia, indebolita dall'individualismo postmoderno. (n. 59-67)
- fede e culture. Una cultura popolare evangelizzata ha valori di solidarietà per produrre una società più giusta. Riconosciamo con gratitudine ciò che semina lo Spirito santo. Bisogna evangelizzare le culture per inculturare il vangelo (n. 68-69).
- alcune tradizioni, rivelazioni private, devozioni, a volte promosse senza formazione dei fedeli, o per vantaggi economici. Interruzione della trasmissione generazionale della fede: alcune cause (sette) di questa rottura (n. 70).
- sfide specifiche delle culture urbane, nelle città multiculturali. Divisioni umane nelle città (n. 71-75)

II - Tentazioni degli operatori pastorali (n. 76-92)
- molti cristiani testimoniano nella società l'amore di Dio per l'umanità, pur con limiti e problemi
- individualismi e crisi di identità quando la vita spirituale non è passione per l'evangelizzazione: conformismo pratico, accidia, grigio pragmatismo. «Non lasciamoci rubare la gioia dell'evangelizzazione!» (n. 76-83)
- no al pessimismo sterile dei “profeti di sventura” (come disse papa Giovanni, aprendo il concilio). Portiamo la croce con “tenerezza combattiva” contro il male. Ci sono luoghi di “desertificazione spirituale”, ma ci sono segni della sete di Dio. Essere anfore per questa sete. «Non lasciamoci rubare la speranza!» (n. 84-86)
- sì alle relazioni nuove (fa sette esempi) generate da Gesù nelle maggiori odierne possibilità di comunicazione
- l'ideale cristiano supera sempre il sospetto, la sfiducia, la “paura di essere invasi”, la fuga in circoli ristretti. Alcuni vorrebbero un Cristo senza carne e senza croce, e lui invece ci manda all'incontro con l'altro, volto a volto, corpo a corpo, in una «rivoluzione della tenerezza»
- più dell'ateismo oggi la sfida p la sete di Dio di tanta gente, che non la spengano nell'alienazione o cin un Gesù senza carne e senza impegno
- le religiosità popolare vede Dio, Gesù, Maria che “hanno carne, hanno volti”, e portano all'amore del prossimo
- sfida importante è vivere la relazione personale e impegnata con Dio e al tempo stesso con gli altri. Scoprire Gesù nel volto, voce, richieste degli altri. Soffrire abbracciando Gesù crocifisso quando subiamo offese.
- relazionarci con gli altri in una fraternità mistica, contemplativa, che sa vedere la “grandezza del prossimo” (fa altri 3 esempi). Siamo “piccolo gregge”, ma chiamati ad essere sale e luce del mondo. «Non lasciamoci rubare la comunità!» (n. 87-92)

Altre tentazioni e sfide dal n. 93 al 109
- mondanità spirituale: gnosticismo, intellettualismo (tutto dottrina soggettivistica), pelagianesimo, volontarismo (salvarsi per merito proprio, con le proprie azioni; la chiesa come forza sociale influente, politicante). La vera azione della chiesa è nel servizio quoitidiano umile e faticoso, senza pretesa di dirigere tutto. Questa è corruzione con apparenza di bene. «Non lasciamoci rubare il vangelo!» (n. 93-97)
- la mondanità spirituale porta anche persino a guerre tra cristiani, tra gruppi nella chiesa, per potere, prestigio, soldi..., in forme vergognose (n. 100). Tra guerre e violenze nel mondo diviso dall'egoismo, i cristiani siano esempio di amore e pace. Non ignoriamo i dolori patiti, ma esortiamo alla riconciliazione. (n. 98-101)
- i laici sono l'immensa maggioranza nella chiesa, i ministri ordinati sono minoranza al loro servizio. I laici a volte non trovano spazio per esprimersi a causa di eccessivo clericalismo. Il loro impegno è spesso limitato all'interno della chiesa, e meno teso alla trasformazione della società (n. 102).
- l'apporto della donna nella società, con le sue sensibilità, è indispensabile. Allargare presenza femminile più incisiva nella chiesa. Ma sacerdozio riservato agli uomini, come segno di Cristo sposo. La questione non si pone in discussione. La potestà sacerdotale è una funzione, non una differente dignità o santità, non esalta il sacerdote sopra gli altri. Maria è più importante dei vescovi (n. 103-104).
+ Domanda 3: al n. 104: è proprio giusto vincolare il presbiterato all'uomo maschio? Non è mancanza di responsabilità verso il dovere di evangelizzare, e verso la comunità evangelizzatrice? Se l'eucarestia dipende solo dal prete maschio, è giusto lasciare tante comunità cristiane senza eucarestia? Non è contro la volontà di Gesù?

- vocazioni: non riempire i seminari di candidati con motivazioni sbagliate! Ascoltare gli anziani e i giovani.
- «Non lasciamoci rubare la forza missionaria!» (n. 102-109)

Cap. III – L'annuncio del vangelo (n.110-175).

I – Tutto il Popolo di Dio annuncia il vangelo (n. 111-134)
- il soggetto dell'evangelizzazione è ben più di una istituzione gerarchica, è un popolo in cammino verso Dio, popolo pellegrino che trascende sempre ogni pur necessaria istituzione (n. 111).
- la prima parola viene da Dio, e solo implorando questa iniziativa divina possiamo anche noi diventare evangelizzatori (n. 112).
- questa salvezza è per tutti. Dio ha creato una via per unirsi a ciascuno degli esseri umani di tutti i tempi (n. 113).
- la chiesa è popolo di Dio nel grande progetto d'amore del Padre e fermento di Dio in mezzo all'umanità. La chiesa dev'essere il luogo della misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere la vita buona del vangelo (n. 114).
- il popolo di Dio si incarna nei popoli della Terra, ciascuno con la propria cultura, perciò la vita cristiana ha diverse espressioni e stili di vita. Il cristianesimo non ha un unico modello culturale, ma «la bellezza di un volto pluriforme». La diversità culturale non minaccia l'unità della chiesa. Il messaggio evangelico non si identifica con nessuna cultura. Non è necessario imporre una determinata forma culturale insieme alla proposta evangelica. È da evitare la vanitosa sacralizzazione della propria cultura. Non possiamo pretendere che i popoli di tutti i continenti, per esprimere la fede cristiana, imitino la cultura dei popoli europei. La fede non può chiudersi nei confini di una cultura particolare. Una sola cultura non esaurisce il mistero di Cristo (n. 115-118).
- in tutti i battezzati opera la forza santificatrice dello Spirito. Il popolo di Dio è santo in ragione di questa unzione che lo rende infallibile “in credendo”. Dio dota la totalità dei fedeli di un istinto di fede – il sensus fidei – che li aiuta a discernere ciò che viene realmente da Dio. L'opera di evangelizzazione non è solo di attori qualificati, che lascia il resto del popolo fedele soltanto recettivo. Ogni cristiano è missionario nella misura in cui ha incontrato l'amore di Dio in Gesù. Quello che ti aiuta a vivere e che ti dà speranza, quello è ciò che devi comunicare agli altri, anche se sai di essere imperfetto (n. 119-121).
- è una forza evangelizzatrice anche la pietà popolare, che è la fede incarnata in una cultura determinata, e manifesta una autentica sete di Dio che i semplici e i poveri conoscono, ed esprimono più in simboli popolari che non in concetti razionali. Le espressioni della pietà popolare hanno molto da insegnarci (n. 122-126).
- c'è una predicazione di tutti nella vita quotidiana, informale, portando agli altri l'amore di Gesù, col dialogo, con una parola di vangelo, con una umile testimonianza. L'annuncio evangelico non è solo con formule stabilite, ma con gesti da persona a persona e anche gesti collettivi del popolo di Dio. Le chiese particolari annunceranno il vangelo con categorie proprie di quella cultura particolare. I processi sono lenti, ma paura e dubbi non ci devono paralizzare (n. 127-129).
- i carismi sono doni dello Spirito santo per rinnovare ed edificare la chiesa. Segno di autenticità di un carisma è la sua ecclesialità, il suo integrarsi armonicamente nel popolo di Dio, senza gettare ombre su altri carismi per affermarsi, ma guardando al cuore del vangelo. Nell'armonia dei diversi carismi, la chiesa può essere un modello per la pace nel mondo . Lo Spirito santo suscita diversità, e anche aiuta a fare che siano diversità riconciliate. Né i particolarismi, né l'uniformità imposta aiutano la missione della chiesa (n. 130-131).
- l'annuncio alla cultura è incontro tra la fede, la ragione e le scienze, e può efficacemente assumere alcune categorie della ragione e delle scienze. Il vangelo si annuncia non solo ad ogni persona, ma anche alle culture nel loro insieme. La chiesa apprezza e incoraggia il carisma dei teologi, il loro dialogo con la cultura e la scienza. Il loro servizio, se non è solo teologia da tavolino, è parte della missione della chiesa. Le università, le scuole cattoliche, contribuiscono validamente all'evangelizzazione della cultura, se usano creatività per trovare i percorsi adeguati (n. 132-134).
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II – L'omelia (n. 135-144)
- ripete almeno 7 volte che l'omelia è un “dialogo del Signore col suo popolo” (n. 137 tre volte, 140, 141 due volte 143).

III - La preparazione della predicazione (n. 145-159)
- che cosa dice a me questo testo? (n.153)
- predicatore contemplativo della parola e del popolo (n.154)
- una buona omelia deve contenere “un'idea, un sentimento, un'immagine” (n.157)
- in ascolto del popolo, situazioni, linguaggio, esperienze (n.154-159)

IV – Un'evangelizzazione per l'approfondimento del kerygma (n.160-175)
- l'annuncio è che il Padre ci ama tramite Gesù (n.164)
- la comunità liturgica accompagna a sentire la bella verità (n.166-168)

Cap. IV – La dimensione sociale dell'evangelizzazione

I - Le ripercussioni comunitarie e sociali del kerygma (n. 177-185)
- la fede implica impegno sociale, per gli altri (n.177-181)
- la chiesa e le questioni sociali: la fede desidera cambiare il mondo. Compito delle comunità cristiane (n.182-185).
- due grandi questioni: i poveri, la pace

II – L'inclusione sociale dei poveri (n. 186-216)
- questa preoccupazione deriva dalla fede in Cristo (n.186)
- il Padre ascolta il grido dei poveri (questa espressione è ripetuta 12 volte dal n. 187 al n. 193), dunque la chiesa deve ascoltarlo.
- nuova mentalità: priorità della vita di tutti rispetto alla appropriazione dei beni (n.187-188)
- funzione sociale della proprietà e destinazione universale dei beni. Il possesso privato si giustifica per custodirli e accrescerli in vista del bene comune [cfr la “amministrazione fiduciaria” nella economia gandhiana]. Solidarietà come restituzione al povero (n. 189)
- la pace si fonda non solo sui diritti umani individuali, ma sui diritti dei popoli. «Il pianeta è di tutta l'umanità e per tutta l'umanità». «I più favoriti devono rinunciare ad alcuni dei loro diritti per mettere i loro beni al servizio degli altri». «Ci scandalizza sapere che esiste cibo sufficiente per tutti e che la fame si deve alla cattiva distribuzione dei beni e del reddito». Non solo cibo, ma educazione, assistenza, lavoro libero e solidale, devono essere assicurati a tutti, per la dignità di ognuno (n. 190-192)
- ascoltare il grido dei poveri e sentire nella carne il dolore altrui è essenziale nell'accoglienza del vangelo, che altrimenti è vana, non c'è. Non basta difendere l'ortodossia, evitare errori dottrinali, se manca la fedeltà a questo cammino luminoso di vita e sapienza. L'opzione per gli ultimi è un segno della bellezza del vangelo che non deve mai mancare. È alienata una società che distrae dalla donazione e solidarietà (n. 193-196)
- Dio si è fatto povero. I poveri hanno un posto preferenziale nel cuore di Dio. Per la chiesa l'opzione per i poveri è una categoria teologica, prima che d'altro genere. Ha un primato nella carità. Scopriamo Cristo in loro. Attraverso di loro Dio ci comunica una misteriosa sapienza. Attenzione più che attivismo. Apprezzamento. Amore gratuito. Non ideologia o utilizzo politico dei poveri. Accompagnarli nel cammino di liberazione. Senza l'opzione per i poveri, l'annuncio del vangelo rischia di essere incompreso, un mare di parole. L'opzione per i poveri è principalmente un'attenzione religiosa prioritaria. Nessun altro impegno (accademico, professionale, ecclesiale) esonera dalla preoccupazione per i poveri e per la giustizia sociale. Temo che si commentino queste mie parole senza una vera incidenza pratica (n. 197-201)
- necessario risolvere le cause strutturali della povertà. I piani assistenziali sono risorse provvisorie. Bisogna «rinunciare all'autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria, aggredendo le cause strutturali della “inequità”», che è la radice dei mali sociali (n. 202)
- la dignità di ogni persona e il bene comune devono strutturare tutta la politica economica, non sono aggiunte esteriori. Al presente sistema economico dà fastidio che si parli di etica, di solidarietà mondiale, di distribuzione dei beni, di difesa dei posti di lavoro, di dignità dei deboli, di un Dio che esige un impegno per la giustizia. La comoda indifferenza svuota la nostra vita di significato. Un imprenditore fa un nobile lavoro se si lascia interrogare da un significato della vita più ampio (n. 203).
- non possiamo più confidare nella cieca “mano invisibile” del mercato. L'equità richiede più della crescita economica, pur presupposta. Richiede programmi e processi di migliore distribuzione delle entrate, creazione di lavoro, promozione integrale dei poveri. Non propongo un populismo irresponsabile, ma certi rimedi sono un nuovo veleno, come la pretesa di aumentare la redditività riducendo il numero dei lavoratori e così creando nuovi esclusi (n. 204).
- prego Dio che faccia crescere politici capaci di autentico dialogo efficace per «sanare le radici profonde e non l'apparenza dei mali del nostro mondo!». La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, una forma molto preziosa di carità, perché cerca il bene comune. La carità è il principio non solo delle relazioni prossime, ma anche dei rapporti sociali, economici, politici. Prego Dio che ci regali più politici che abbiano a cuore il popolo, la vita dei poveri! Governanti e potere finanziario allarghino le loro prospettive, per dare lavoro degno, istruzione, assistenza a tutti i cittadini. Che Dio ispiri i loro piani. L'apertura alla trascendenza può dare una nuova mentalità politica ed economica, che superi la separazione tra economia e bene comune (n. 205).
- “Economia” significa adeguata amministrazione della casa comune, che è il mondo intero. Nessun governo può agire al di fuori di una comune responsabilità. Sono sempre più difficili le soluzioni locali, per le enormi contraddizioni globali. Occorre una più efficiente interazione che assicuri il benessere di tutti i Paesi e non solo di pochi (n. 206).
- ogni comunità della chiesa, se parla di temi sociali e critica i governi, ma non si occupa efficacemente della dignità e inclusione di tutti i poveri, rischia di dissolversi nella mondanità spirituale (cfr nn. 93-96), dissimulata con pratiche religiose (n. 207).
- «Se qualcuno si sente offeso dalle mie parole, gli dico che le esprimo con affetto, e con la migliore delle intenzioni, lontano da qualunque interesse personale o ideologia politica. La mia parola non è quella di un nemico né di un oppositore». Mi interessa solo che quelli che sono schiavi di una mentalità egoista possano liberarsene, per raggiungere uno stile di vita e di pensiero più umano, che dia dignità al loro passaggio su questa terra (n. 208)
+ Domanda 4 – Pur con la spiegazione del n. 208, il papa entra troppo in questioni politiche, invece di stare sul piano spirituale? (v. già Domanda 2)
- esorta i paesi di immigrazione «ad una generosa apertura, che invece di temere la distruzione dell'identità locale sia capace di creare nuove sintesi culturali» (n. 210).
- crimine della tratta di persone, prostituzione, sfruttamento bambini, lavoro nero; complicità; maltrattamento e violenza alle donne; i nascituri sono i più indifesi e innocenti; la chiesa non è oscurantista nel difenderli: l'essere umano è sempre inviolabile in ogni fase del suo sviluppo. Come tutti i diritti umani, questo non è soggetto alle convenienze. Non si deve attendere che la chiesa cambi posizione su questo: non è modernizzazione o progresso risolvere i problemi eliminando una vita umana. Abbiamo fatto poco per accompagnare le donne in situazioni molto dure, ad evitare l'aborto che sembra una rapida soluzione: «Chi può non capire tali situazioni così dolorose?» (n. 211-214).
- anche l'insieme della creazione, a cui apparteniamo col corpo, è maltrattato dagli interessi economici (n. 215-216).

III – Il bene comune e la pace sociale (n. 217-237)
- frutto della Parola di Dio è anche la pace. La pace sociale non è solo assenza di violenza mediante il dominio di una parte sulle altre. È falsa pace quella che mette a tacere i poveri e mantiene i privilegi ingiusti. Le rivendicazioni sociali giuste non possono essere soffocate col motivo di una effimera pace di una minoranza felice. La dignità della persona e il bene comune sono al di sopra della tranquillità dei privilegiati. Quando quei valori sono colpiti, occorre una voce profetica (n. 217-218).
- la pace non è solo assenza di guerra nell'equilibrio delle forze, ma costruzione di giustizia tra tutti. Una pace che non viene dallo sviluppo integrale di tutti non ha futuro, ed è seme di nuovi conflitti e violenze (n. 219)
- i cittadini di ogni nazione siano responsabili, e non massa trascinata dalle forze dominanti. La partecipazione alla vita politica è un obbligo morale. Diventare un popolo è ancora di più, è un lavoro continuo per sviluppare una cultura dell'incontro in una armonia tra le diverse forme (n. 220)
- per la costruzione pace, giustizia, fraternità, che nella convivenza e armonia delle differenze, sia all'interno di un popolo, sia nel mondo intero, valgono 4 princìpi presenti nella dottrina sociale della chiesa (n. 221):

- 1) Il tempo è superiore allo spazio (n. 222-225)
- il tempo in senso ampio è l'orizzonte della pienezza, del completamento; il momento esprime il limite di uno spazio circoscritto
- nell'agire viviamo in tensione tra il momento e l'orizzonte, l'utopia, il fine (n. 222)
- è bene lavorare a lunga scadenza, con pazienza nelle difficoltà, senza l'ossessione dei risultati immediati
- un errore nell'azione socio-politica «consiste nel privilegiare gli spazi di potere invece dei tempi dei processi»
- «dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi»
- questo criterio vale anche per l'evangelizzazione: il Signore ha detto ai discepoli che non potevano comprendere tutto subito e che dovevano attendere lo Spirito santo

- 2) L'unità prevale sul conflitto (n. 226-230)
- il conflitto non va ignorato o nascosto: va accettato. Ma non restare intrappolati in esso, perdendo l'orizzonte
- bisogna accettare il conflitto, sopportarlo, risolverlo, trasformarlo in un anello di un cammino
- così diventa possibile la comunione nelle differenze, col coraggio di guardare oltre la superficie, considerando tutta la dignità degli altri
- la solidarietà costruisce la storia, «ambito vitale dove i conflitti, le tensioni, gli opposti possono raggiungere una pluriforme unità che genera nuova vita», conservando «le preziose potenzialità delle polarità in contrasto»
- Cristo ha unificato tutto in sé, egli è la nostra pace (Efesini 2,14). il vangelo è un saluto di pace. In Cristo la pace è possibile. Il primo ambito di pacificazione è la vita interiore, sempre minacciata dalla dispersione
- l'annuncio di pace non è solo di una pace negoziata, ma dice che «l'unità dello Spirito armonizza tutte le diversità»
- la diversità è bella quando in un processo di riconciliazione fa emergere una “diversità riconciliata”

- 3) La realtà è più importante dell'idea (n. 231-233)
+ Domanda 5 – “Idea” sembrerebbe l'ideale, il valore, il modello, che è davvero superiore alla realtà limitata, e obiettivo del suo sviluppo (v. sopra, n. 222). Invece (n. 232) il testo precisa che “idea” è nel senso di “elaborazioni concettuali”: cioè, i concetti che ce ne facciamo, le interpretazioni che ne diamo, sono meno importanti della realtà delle cose come sono, da conoscere, curare e sviluppare. «Gli apparati concettuali esistono per favorire il contatto con la realtà che si vuole spiegare, e non per allontanarci da essa» (v. sopra, n. 194).
- «La realtà semplicemente è, l'idea si elabora». Bisogna evitare che l'idea si separi dalla realtà. Non si vive nel regno della sola parola. La realtà è occultata nei «purismi angelicati», nel totalizzare il relativo, nei nominalismi, nei fondamentalismi, negli «eticismi senza bontà», negli «intellettualismi senza saggezza», che non coinvolgono. «Ciò che coinvolge è la realtà illuminata dal ragionamento»
- ci sono politici o dirigenti religiosi con proposte logiche e chiare, che però il popolo non comprende e non segue perché «hanno ridotto la politica o la fede alla retorica»
- è essenziale all'evangelizzazione che la Parola incarnata cerchi sempre di incarnarsi. Siamo grati a chi ha incarnato il vangelo nella storia e nella vita dei popoli. Siamo spinti a incarnare la Parola in opere di giustizia e carità. Altrimenti si costruisce sulla sabbia.


- 4) Il tutto è superiore alla parte (n. 234-237)
- tensione tra globalizzazione e localizzazione: né universalismo sradicato, né localismo chiuso, incapace di imparare dagli altri
- si lavora nel piccolo, vicino, con una prospettiva ampia
- «Il modello non è la sfera, dove ogni punto è equidistante dal centro e non vi sono differenze tra un punto e l'altro. Il modello è il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità» [Il poliedro è un solido delimitato da un numero finito di facce piane poligonali. Come primi poliedri da prendere in considerazione, per la loro semplicità, vi sono i cubi, i parallelepipedi, le piramidi e i prismi].
- nell'azione (pastorale o politica) si cerca di raccogliere in tale poliedro il meglio di ciascuno. Così, inserire i poveri, con la loro cultura, progetti, capacità; anche chi sbaglia ha qualcosa da apportare, da non perdere. È l'unione planetaria dei popoli, che conservano la loro peculiarità, è una società di persone dove un bene comune incorpora tutti
- nella chiesa, il vangelo intero incorpora tutte le condizioni sociali e tutte le espressioni di preghiera, è lievito che fermenta tutta la massa e tende a comunicarsi a tutti

Da qui non ho più avuto il tempo di fare la sintesi

IV – Il dialogo sociale come contributo per la pace (n. 238-258)
- Il dialogo tra la fede, la ragione e le scienze (n. 242-243)
- Il dialogo ecumenico (n. 244-246)
- Le relazioni con l'Ebraismo (n. 247-249)
- Il dialogo interreligioso (n. 250-254)
- Il dialogo sociale in un contesto di libertà religiosa (n. 255-258)

Cap. V – Evangelizzatori con Spirito
I – Motivazioni per un rinnovato impulso missionario (n. 262-283)
- L'incontro personale con l'amore di Gesù che ci salva (n. 264-267)
- Il piacere spirituale di essere popolo (n. 268-274)
- L'azione misteriosa del Risorto e del suo Spirito (n. 275-280)
- La forza missionaria dell'intercessione (n. 281-283)

II – Maria, la madre dell'evangelizzazione (n. 284-288)

Domande sulla Evangelii Gaudium

+ Domanda 1: Fare esempi: quali questioni morali nel n. 34?.

+ Domanda 2: il papa, nei nn. 53-58, fa politica economica? (v. anche Domanda 4)

+ Domanda 3: al n. 104: è proprio giusto vincolare il presbiterato all'uomo maschio? Non è mancanza di responsabilità verso il dovere di evangelizzare, e verso la comunità evangelizzatrice? Se l'eucarestia dipende solo dal prete maschio, è giustom lasciare tante comunità cristiane senza eucarestia?

+ Domanda 4 – Pur con la spiegazione del n. 208, il papa entra troppo in questioni politiche, invece di stare sul piano spirituale? (v. già Domanda 2)

+ Domanda 5 – “Idea” sembrerebbe l'ideale, il valore, il modello, che è davvero superiore alla realtà limitata, e obiettivo del suo sviluppo (v. sopra, n. 222). Invece (n. 232) il testo precisa che “idea” è nel senso di “elaborazioni concettuali”: cioè, i concetti che ce ne facciamo, le interpretazioni che ne diamo, sono meno importanti della realtà delle cose come sono, da conoscere, curare e sviluppare. «Gli apparati concettuali esistono per favorire il contatto con la realtà che si vuole spiegare, e non per allontanarci da essa» (v. sopra, n. 194).