lunedì 24 giugno 2019

La "Regola d'oro"

LA "REGOLA D'ORO"

Da sistemare l’ordine cronologico
Da integrare con file su P C Bori

Raccolgo qui le 36 formulazioni che ho rintracciato, nelle religioni e nelle sapienze di tutta l’umanità, della regola fondamentale e universale dell’etica umana. Consiglio anche di vedere nel libro di Pier Cesare Bori, Per un consenso etico tra culture, seconda edizione, Marietti 1995, la nota 206 a p. 106.
Una prima raccolta parziale fu pubblicata su il foglio n. 226, Torino, gennaio 1996 (www.ilfoglio.info) e poi in Servitium, Quaderni di ricerca spirituale, (s.egidio@servitium.it), n.152, marzo/aprile 2004, fascicolo Riconoscimento e disprezzo, pp. 103-108. Aggiornamenti e correzioni 20 giugno 2010, 17 dicembre 2011.

Induismo

«Ecco la somma della vera onestà: tratta gli altri come vorresti essere trattato tu stesso. Non fare al tuo vicino ciò che non vorresti che egli poi rifacesse a te. Tratta tutti gli altri come tratteresti te stesso».
(Mahabharata XIII.113-8.115-19).

«Questo è il centro del dovere: non fare agli altri ciò che causerebbe dolore se fatto a te»
(Mahabharata 5: 1517).

«Non ci si dovrebbe comportare con gli altri in un modo che sarebbe sgradevole a noi stessi; questa è l'essenza della morale».
(Mahabharata 13, 148.8).

Sri Shankaracharya (il maggiore esponente della filosofia advaita, non-dualismo), afferma che lo yogi, nonviolento verso gli altri, deve identificare il sé di tutti gli esseri con il proprio, deve fare agli altri solo ciò che gradirebbe lui stesso ed evitare ciò che non vorrebbe fosse fatto a sé.
(Sri Shankaracharya, Commento alla Bhagavad Gita, VI.32)

Ebraismo

«Non fare a nessuno ciò che non piace a te».
(Bibbia, libro di Tobia, 4,15).

«Ama il prossimo tuo come te stesso».
(Legge ebraica in Levitico, 19,18; cfr anche 19,34).

«Ciò che è odioso a te, non farlo al tuo vicino»
(Hillel, Talmud, Shabbath 31a)

Filosofia cinese
«La Via non è lontana dall'uomo. Se l'uomo segue una via lontana dalla natura umana, questa non può dirsi la Via. (…). Chi ha il senso della lealtà e della reciprocità non è lontano dal giungere alla Via: ciò che non vuole sia fatto a sé non fa agli altri».
(Confucio, Chung-Yung, L'invariabile mezzo, n.13).

«Il sapiente ha detto: la mia dottrina è semplice, e il suo significato è facile da penetrare. Essa consiste nell'amare il prossimo come se stessi».
(Confucio, Lun-yü, I Dialoghi, cit. in Lev Tolstoj, Pensieri per ogni giorno, Introduzione e traduzione di Pier Cesare Bori, Edizioni Cultura della Pace, Fiesole 1995, p.121. Nuova edizione, Piano B edizioni, Prato 2016, p. 139). (1)
(1) E' giusto avvertire che Tolstoj compilò questa raccolta di pensieri sapienziali con un interesse non tanto storico-letterario quanto essenzialmente formativo, per cui i testi sono da lui non solo tradotti ma spesso interpretati e parafrasati. Ma la cura filologica non è assente, essendo anzi richiesta dal carattere e dallo scopo stesso dell'opera, che non nasce dalla voce di Tolstoj, ma da voci di ogni tempo, lingua, cultura, religione. Cfr Introduzione di Pier Cesare Bori, pp .7-10 della prima edizione, pp. 5-9 della seconda .

«Dominare se stessi quanto è necessario per onorare gli altri come se stessi e comportarsi con loro come vogliamo che gli altri si comportino con noi: ecco quel che si può chiamare dottrina della virtù dell'umanità. Non c'è nulla di più elevato».
(Confucio, testo non rintracciato, cit. in Tolstoj, op. cit. p.167 della prima edizione, p.193 della seconda)

«Ching-Kung interrogò sulla carità. Confucio rispose: "(...) Nel comandare al popolo comportati come se offrissi il grande sacrificio; ciò che non vuoi sia fatto a te non fare agli altri"».
(Confucio, Lun-yü, I Dialoghi, 12,2).

«Tzu-kung domandò: "Vi è una parola su cui si possa basare la condotta di tutta la vita?". "Essa è shu, reciprocità - rispose Confucio. - Ciò che non vuoi sia fatto a te non fare agli altri"».
(Confucio, Lun-yü, I Dialoghi, 15,23).

«Il principe non tratta gli inferiori nel modo che gli dispiace nei superiori».
(Commento di Tseng-Tzu al Grande studio di Confucio, n. 10).

«Sicuramente questo è il massimo della bontà: non fare agli altri ciò che non vorresti che essi facessero a te».
(Confucianesimo, Analetti 15,23).

«L'uomo buono deve compatire le cattive tendenze degli altri; rallegrarsi della loro eccellenza; aiutarli se sono in distretta; considerare i loro successi come i suoi propri e così i loro insuccessi».
(Taoismo, Thai-Shang, 3).

«Guarda al guadagno del tuo vicino come fosse tuo, ed alla sua perdita come se fosse la tua perdita»
(T'ai Shang Kan Ying P'ien, 213-218).

«Mettersi al posto degli altri» (Zuhang-zi) (segnalatomi da Pier Cesare Bori, nel diario che ci scambiavamo, in data ….. da rintracciare)

Giainismo
«L'uomo dovrebbe comportarsi con indifferenza nei confronti di tutte le realtà mondane e trattare tutte le creature del mondo come egli stesso vorrebbe essere trattato».
(Sutrakritanga I.11.33).

Buddhismo
«Uno stato che non è gradevole o piacevole per me, non deve esserlo neppure per lui; e uno stato che non è gradevole o piacevole per me, come posso io pretenderlo per un altro?».
(Samyutta Nikaya 5, 353.35-354.2).

«Tutti tremano al castigo, tutti temono la morte, tutti hanno cara la vita: mettendoti al posto degli altri, non uccidere, né fa uccidere».
(Buddha, Dhammapada, I versi della legge, 10, 129-130).

«Non ferire gli altri in modi dai quali anche tu ti sentiresti ferito».
(Udana-Varga 5,18).

Zoroastrismo
«Buona è soltanto quella natura che non fa agli altri ciò che non è buono per lei».
(Zoroastrismo, Dadistan-i-Dinik 94,5).

Latinità
«Tratta l'inferiore come vorresti essere trattato dal tuo superiore».
(Seneca, Lettere a Lucillo, lettera 47, sul trattamento umano degli schiavi).

«Il bene maggiore è operare secondo la legge della propria ragione. Ma questa legge ti comanda incessantemente di fare il bene degli altri, come il massimo bene per te stesso».
(Marco Aurelio, cit. in Tolstoj, Pensieri per ogni giorno, op. cit., p. 79 prima edizione, 89 seconda edizione).

«Gli uomini sono nati l'uno per l'altro»
(Marco Aurelio, Ricordi [Eis eautòn], VIII, 59 e in altri luoghi)

Ebraismo
«Una volta un pagano (...) disse: "Convertimi, a condizione di imparare tutta la Torah nel tempo in cui si può stare ritti su di un solo piede". (...). Hillel lo convertì dicendogli: "Ciò che a te non piace non farlo al tuo prossimo! Questa è tutta la Torah, il resto è commento; va' e studia"».
(Ebraismo, Shabbat 31a, cit. in R. Pacifici, Midrashim, Marietti, Genova 1986, p.177-8).

Cristianesimo
«Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Questa è la legge e i profeti».
(Gesù di Nazareth, Vangelo secondo Matteo 7,12; 22, 39 e Vangelo secondo Luca 6,31).

«La legge trova la sua pienezza in una sola parola: amerai il tuo prossimo come te stesso».
(Lettere di Paolo ai Galati 5,14 e ai Romani 13,9).

«Quanto vuoi che non sia fatto a te, anche tu non fare ad altri».
(Didachè, insegnamento cristiano della fine del primo secolo, 1,3).

Islam
«Nessuno di voi è un credente fino a quando non desidera per il suo fratello quello che desidera per se stesso».
(dagli hadith (detti) del Profeta Muhammad, in Detti e fatti del Profeta dell’Islam raccolti da al-Buhari, a cura di V. Vacca, S Noja e M. Vallaro, Utet, Torino 1982, cap. II; e in 40 Hadithe di an-Nawawi, in H. Küng-K.J. Kuschel, Per un'etica mondiale. Dichiarazione del Parlamento delle religioni mondiali, Rizzoli, Milano 1995, pp.78-79).

Modernità
«Mettersi al posto degli altri».
(Voltaire, Lettere inglesi, n.42).

«Agisci in modo che la regola della tua volontà possa valere in ogni tempo come principio di una legislazione universale». Oppure: «Agisci in modo da trattare l'umanità, nella tua come nell'altrui persona, sempre come fine, mai come semplice mezzo».
(Immanuel Kant, 1724-1804, Critica della ragion pratica, Laterza, Bari 1974, p.39, e Fondamenti della metafisica dei costumi, La Nuova Italia, Firenze 1973, pp. 95-96, 103-104, cit. anche, come espressione di etica universale, in Hans Küng, Progetto per un'etica mondiale, Rizzoli, Milano 1991, p.82-83).

Fede Baha'i
«Benedetto chi a sé preferisce il fratello».
(Tavole di Bahà'u'llàh, iniziatore della fede baha’i).

Contemporanei
«Anche Lei attribuisce al laico virtuoso la persuasione che l'altro sia in noi. Ma non si tratta di una vaga propensione sentimentale, bensì di una condizione fondante».
(Umberto Eco, in dialogo con Carlo Maria Martini, Liberal, febbraio 1996, e Adista, 17 febbraio 1996, p. 9; ora in U. Eco - C. M. Martini, In che cosa crede chi non crede?, Atlantide ed., 1996 e in U. Eco, Cinque scritti morali, Bompiani 1997, p. 85).

«Tutti gli uomini dotati di ragione e di coscienza devono assumere responsabilità, in spirito di solidarietà, nei confronti di ciascuno e di tutti: cioè famiglie, comunità, razze, nazioni e religioni. Ciò che tu non vuoi che ti venga fatto non farlo a nessun altro».
(Dichiarazione Universale dei Doveri dell’Uomo, art. 4; proposta dall’InterAction Council all’Onu; Die Zeit, 3 ottobre 1997; il foglio, n. 244, Torino, dicembre 1997).

«La Regola d’Oro può allora enunciarsi cosi’: “Agisci verso gli altri in modo che gli altri possano agire nello stesso modo verso chiunque”. Ciò implica in primo luogo e anzitutto l’imperativo categorico seguente: “Non agire verso gli altri in modo tale che se gli altri agissero nello stesso modo la vita sarebbe impossibile”. E questo esige anzitutto da ciascuno che egli rinunci a esercitare la violenza verso altri. Così, solo la nonviolenza può fondare l’universalità della legge morale alla quale devono conformarsi gli esseri ragionevoli».
(Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza. Una filosofia della pace, Prefazione di Roberto Mancini, Traduzione di Enrico Peyretti, Plus, Pisa University Press, 2004, p. 79-80)

---------------- Tre note -----------------------------------------


1. Kant e la Regola aurea (29 luglio 2007)

Pier Cesare Bori, nell’articolo L’insegnamento di morale religiosa nelle carceri, in L’ospite ingrato, Semestrale del Centro Studi Franco Fortini, (ospiteingrato@prometeo.lett.unisi.it), Biblioteca della facoltà di lettere e filosofia, via Fieravecchia 19, 53100 Siena, n. 2 / 2006, Il disagio nella civiltà cristiana, alle pp. 51-56, Edizioni Qoudlibet, Macerata 2006, a p. 54 scrive:
«Uno strumento efficace è la cosiddetta Regola d’oro. (...) Conosciamo i limiti della regola. Sappiamo che va distinta dall’imperativo categorico kantiano perché la regola d’oro si riferisce a un punto di vista individualistico e utilitaristico (per questo Kant la ritiene “triviale”). La regola riceve il suo pieno significato solo al termine di un processo pedagogico in cui la persona ha la possibilità di conoscere meglio se stessa e i suoi bisogni (...)».
Riferisce poi l’essenziale della riflessione confuciana sulla Regola d’oro, che distingue tra due componenti: zhon, che significa la lealtà alla propria comunità, e shu, l’idea dell’amore e della cura dell’altro nella sua corporeità. Nella sintesi di queste due componenti, shu ha sempre il primato (da Q.J. Wang, Golden Rule and Interpersonal care, «Philosophy East and West», 49/4, 1999).

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2. La critica di Paul Ricoeur:
«La regola appare suscettibile di due interpretazioni: una interessata, l'altra disinteressata. Solo il comandamento può decidere in favore della seconda contro la prima». (Amore e giustizia, Morcelliana 2000, p. 41, ma da p. 36 a p. 45, ripresa dal curatore nella sua Postfazione, alle pp. 54-58). Nella prima interpretazione, in base al principio dell’equivalenza, potrebbe essere avvicinata alla legge del taglione (Albrecht Dihle, citato a p. 37)
A p. 37 Ricoeur fa notare come in Luca 6,32-35 il comandamento della sovrabbondanza segue subito, quasi per correggerla, l’enunciazione della regola d’oro nel v. 31.

3. Ho ripreso queste e altre riflessioni sulla regola d'oro nel libro Elogio della gratitudine (Cittadella editrice 2015, pp. 53-57),


Enrico Peyretti

(ultima revisione 28 gennaio 2017)