Se
un bene ti ha baciato
Da
un messaggio ricevuto, di cui sono grato: "Umberto Galimberti
(filosofo, Monza 1942) nel suo testo “Paesaggi dell’anima”,
Feltrinelli, 2017, Capitoli dal 25 al 31, ci offre una illuminata
panoramica su un tema di particolare interesse sociale:
l'educazione". Copio alcune righe di Galimberti e le commento:
<<
Rispetto al dolore che inchioda, stringe e costringe, la
felicità....lambisce, balena,dispare, per questo la felicità appare
come un bene transitorio, mentre il dolore si rivela condizione più
abituale e consueta”. Pur tuttavia, la felicità lascia una traccia
positiva, profonda, perché “è quella pienezza....che nel momento
in cui la si possiede, se ne è, in effetti, posseduti”. “L’uomo
non sa di essere felice, si sente felice, coglie il fatto che la
felicità possa diventare uno “sfondo possibile” >>
(Galimberti).
Perciò,
se una volta hai ricevuto un bene, se hai intravisto un bene, il
dolore non ti uccide più, dal dolore risorgi, anche se ti ha
crocifisso. Se hai conosciuto un bene, ora sai che è più vero del
male, dell'offesa, del dolore. Lo sai non con la mente, che a volte
ha motivo di dubitare: lo sai nel tuo essere. Se hai conosciuto un
bene, ti sembrerà poi di averlo perduto, ma esso si è fatto in te
il suo spazio, la sua nicchia inviolabile. Anche se lo senti vuoto,
questo spazio è una presenza in te, un richiamo, una vocazione: è
una voce che chiama te, ed è la tua voce che chiama il bene.
Come
dice Galimberti, la felicità, il bene, non lo possiedi, ne sei
poseduto, come ti possedette il grembo di tua madre, come ti possiede
l'aria che ti circonda e ti dà vita, e il cielo a cui alzi gli occhi
per procedere a vivere . Possedere, suona subito a noi come
schiavizzare. Invece, c'è un possedere che è abbracciare per dare
vita, senza dominare, e c'è l'altro possedere che domina e soffoca
la vita.
Infelice
chi non ha mai visto un bene, e adora il dominio come legge mortale
della vita: "O si domina, o si è dominati", legge
diabolica. Forse alla fine della sua vita di cattivo (che vuol dire:
prigioniero), ne scoprirà il vuoto, il nulla. Ma il vuoto è
invocazione di vita, come il primo respiro del neonato, quando questo
uomo nuovo, che ricomincia sempre l'avventura umana (qualunque cosa
ne faccia poi), riempie i polmoni ancora vuoti e inaugura la
comunione con tutto ciò che è, prende l'universo in sé e si
consegna all'universo. Forse il cattivo (se mai c'è un uomo tutto
cattivo) nasce quando muore e gli si aprono gli occhi.
Che
cosa sia il bene, la felicità, lo sappiamo tutti, anche se nessuno
ne ha la parola che la definisce. Infatti, è infinita. Intima e
infinita. Abbraccia gli estremi della nostra miseria e della nostra
grandezza, è il minimo e il massimo. La vita insieme, anche la
politica, agitata da mille tempeste e dolorose falsità, non è
altro, in sé, che questa ricerca di giustizia, introduzione al bene.
Questo
Bene che siamo e sappiamo, e non abbastanza sappiamo e siamo, tante
culture lo hanno chiamato Dio. Poi hanno fatto spesso di questa
parola a doppio taglio un a droga spacciata a caro prezzo, e persino
uno strumento di dominio e un'arma omicida. Anche la parola "bene"
è servita a tanti inganni, a tanto male. Le parole sono fragili
appoggi, nel nostro zoppicare. Ma noi sappiamo ciò che cerchiamo e
ascoltiamo dietro le parole, vivendo, nel silenzio della vita, che è
come il silenzio delle radici di una pianta. La fede non è una
dottrina ripetuta e definita, e guai se sgarri, ma è una bocca che
si apre a respirare vita e riceve vita come in un bacio. Diceva,
infatti, il grande monaco dom Benedetto Calati, risolvendo la
pericolosa ambiguità di quel nome: "Dio è un bacio" .
E.
P.
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