1
gennaio 2019 – Meditazione, o riflessioni di fede, sul tempo
(tempo,
fede, vecchiaia, morte, gratitudine, speranza)
1
– Tempo.
Il primo gennaio è una data convenzionale per scandire il tempo.
Valgono di più le stagioni della natura, e le stagioni della nostra
vita.
Proviamo
a meditare sul tempo, con uno sguardo di fede. Il tempo passa, ma
anche il tempo viene. Un anno di più è passato, un anno di meno
abbiamo da vivere, prima di morire. Sì, ma un anno di più è dentro
di noi, è aggiunto alla nostra vita! E un anno nuovo, davanti a noi,
è da vivere! Si perde il passato ma si acquista l'av-venire, ciò
che viene. Scegliamo di guardare indietro, o avanti? Sembra giusto
guardare sia indietro, sia avanti.
Il
tempo ci consuma o ci costruisce? Consuma il nostro corpo materiale,
ma costruisce lo spirito: vivere è più che campare.
2
- Fede:
se
crediamo nel Padre di Gesù, lui è davanti, più vivo, e non solo
dietro il nostro cammino. Sì, certo, il Padre è anche l'Origine:
siamo figli di un dono; non ci siamo fatti da soli; non siamo
autosufficienti. Quel dono lo abbiamo accresciuto o consumato? E non
siamo abbandonati, ma chiamati in avanti: ogni giorno è un dono. Il
Padre è anche davanti, ci attende. Il tempo vissuto è un cammino,
non è un consumo ad esaurimento (come la sabbia di una clessidra).
3
-Vecchiaia
- Viviamo la vecchiaia solo come perdita? Solo nel rimpianto? Oppure
anche sentiamo che c'è un fortuna e una ricchezza nell'essere
vecchi?
Che
cosa rimane di quello che abbiamo perduto (persone care; momenti
belli…)? I ricordi belli non sono perduti, sono dentro, sono nostra
anima e nostre ossa: “Maria teneva tutto nel suo cuore”. Il
nostro cuore può essere più stanco, ma è più ricco, con l'età.
Ci
sono anche i ricordi amari, le sofferenze, le offese. Sentiamo cosa
dice San Francesco: “L'offesa fa torto non a coloro che la
ricevono, ma a coloro che la fanno". Perciò abbiamo
misericordia. Impariamo a non aspettare ricompensa per ciò che
diamo, e così saremo “figli dell'Altissimo” (vedi Luca 6,35)
Possiamo
vedere alcune qualità e problemi dell'essere vecchi: 1)
intelligenza, 2) compito, 3) peccati, 4) difficoltà:
3/1-
C'è una intelligenza
dell'essere vecchi: non è tanto il sapere molte cose, non è solo
l'“esperienza”, ma è l'aver capito meglio la vita e le persone,
l'avere superato le illusioni, l'aver riconosciuto quello che conta
davvero.
3/2
– C'è un compito
dei
vecchi, che è anche un dovere: quando non si lavora più per
necessità e si è in pensione, si può fare lavoro volontario (in
famiglia, nella società), lavorare gratis, per gli altri, per i
poveri, senza cedere alla pigrizia! Le donne più degli uomini,
lavorano, almeno in casa, per gli altri, fino all'ultimo giorno di
vita.
3/3
- Ci sono i peccati
proprio dei vecchi (quando si consideravano i più gravi peccati
quelli dei sensi, si diceva per scherzo ad una certa età: “o mio
caro e buon Gesù, non ti posso offender più...”). Sul serio,
voglio dire il pessimismo, l'ingratitudine, la pigrizia, il non fare
niente per gli altri. È
brutto il vecchio ingrugnito, brontolone, arrabbiato con tutto e
tutti, seduto a far niente: questa figura non aiuta gli altri a
vivere. E se c'è da soffrire (malattie, solitudine), dobbiamo
guardare anche il bello, della natura, dell'umanità. Si porta la
scusa: ”Non so fare niente, non posso fare niente”. Invece, si
possono avere senza fatica relazioni attive: nelle amicizie, nella
conversazione, nel visitare chi è solo o malato (con delicatezza e
discrezione). “Nessuno sa fare tutto, tutti sappiamo fare
qualcosa”.
¾
– Ci sono difficoltà
proprie della vecchiaia.
I tempi cambiano molto, ci si trova spaesati (linguaggi nuovi, usanze
nuove, internet, altre mentalità,…). I tempi sono cambiati in
meglio o in peggio? Forse un bilancio è impossibile: tante cose sono
migliori, tante peggiori. Però dobbiamo amare il tempo presente,
amare gli altri, chi è differente da noi, amare i giovani, anche
quando stentiamo a capirli, per aiutarli senza pesare e giudicare.
Bisognerebbe,
da vecchi, non fermarsi, continuare a imparare cose nuove. Guardiamo
i bambini e impariamo da loro: il loro tempo è pieno, esplosivo! Una
volta Emanuela, da piccola, mi disse: “Papà, non sai che il gioco
è il lavoro dei bimbi?”. Sono continuamente attivi perché
scoprono continuamente cose nuove, divorano il tempo come un cibo
per crescere. Gesù dice che occorre “diventare” come bambini
(non “ritornare”!) per entrare nel regno di Dio. Conserviamo la
capacità di sorprenderci!
4
- Morte
–
Verrà anche l'ora di fermarci: la morte si avvicina: è stupido non
pensarci. Problema: pensarci come?
Un
suggerimento è quello che diceva don Michele Do: “Diminuire
consentendo – Consentire con animo sereno – Distacco
appassionato”. E intanto vivere, in tutte le possibilità della
vita.
Come
Simeone in Luca (2, 29): "Ora lascia, o Signore, che il tuo
servo vada in pace secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno
visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli,
luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele".
5
– Virtù -
Vedo poi due virtù tipiche della vecchiaia: la gratitudine e la
speranza. È
bello vedere una persona anziana sorridente
di gratitudine, nonostante tutto: una persona che ringrazia la vita,
tutte le persone che ha incontrato, e quindi sa insegnare coraggio,
positività. La gratitudine serena e coraggiosa è una giusta
risposta al dono della lunga vita, e aiuta alttri a vivere.
E
poi la speranza:
una speranza non passiva ma attiva, disponibile, accogliente. La
nostra vita è piccola, ma siamo avvolti dalla Grande Vita, il
grande seno materno protettivo, che ci nutre, che noi chiamiamo Dio.
Pensare e sentire lui, ci fa guardare più in là del nostro piccolo
caso. La speranza è anche la virtù dei poveri, di chi sa che tutto
è grazia, tutto è dono.
Insomma,
pensando al tempo, cerchiamo di amare ciò che viene più che
rimpiangere ciò che passa: come Simeone e Anna accolgono il bambino
Gesù: “Lascia che il tuo servo vada in pace”. “I miei occhi
hanno visto la tua salvezza, ... luce per illuminare le genti”
(Luca 2, 29-32).
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