martedì 5 febbraio 2019

31 gennaio 2019 – Memoria di Nanni Salio
Nanni è morto troppo presto. Una delle ultime discussioni con lui, dopo la presentazione di un libro (non ricordo quale) fu sulla tesi che le religioni sono nate per paura della morte, per rimedio-opposizione-consolazione alla morte.
Io lo contestavo dicendo che sono nate anche da un  sentimento positivo della grandezza che ci avvolge, ci genera, ci  nutre, ci sprona, ci accoglie. Ma anche lui aveva ragione. La morte non deve esserci. La morte non va solo addomesticata e consolata. La morte anzitutto la respingiamo. Vogliamo vivere. Dice bene Lucilla Giagnoni (e non solo lei): "Non vincere, ma vivere!". La vera unica vittoria che vale è la vittoria sulla morte.
Ma non è solo la natura con la sua energia e col suo limite, che ci fa morire. Ci diamo noi  la morte artificiale, aggiunta, costruita, voluta, inflitta ad altri. Questa è la vera nemica di Nanni e nostra: la violenza in tutte le sue forme, che sono le forme della morte. Nanni ha combattuto la morte combattendo la violenza. Come si combatte la violenza? L'impulso più primitivo, meno intelligente ed evoluto, è combattere la violenza con una violenza più forte: distruggere chi distrugge. Ed è la dannata stolta spirale che ancora in grande parte caratterizza le azioni umane, specialmente le azioni delle organizzazioni potenti. Ma anche in troppo grande misura i sistemi legislativi e la giustizia penale, punitiva più che riparativa.
Come si combatte davvero la violenza? Con una forza più grande, perché costruttiva, creativa, e non distruttiva. Ahimsa, nonviolenza, è parola positiva (negazione di negazione) che significa forza della vita, forza dell'amore che unisce e, nei conflitti, tra le differenze, non fa contrapposizione escludente, ma composizione più alta: questa è stata la passione, lo studio, l'impegno, la missione che ha riempito la vita di Nanni di una forza che ridonda sulla fine del tempo datogli dalla natura. Questa "religione", che è anche storia effettiva, è antica come le montagne, e Gandhi è il suo profeta nel Novecento.
Ma poi la morte ha vinto su Nanni? La malattia ha stritolato dall'interno il suo corpo. Chi lo ha visto nelle ultime ore di vita soffre ancora la contraddizione inaccettabile. Ma è un fatto. Come un vaso rotto irrora la terra, così muore una vita piena. Il lavoro di Nanni è consegnato a quanti di noi sentono la sua passione e, in vari modi, la soffrono, perciò la vivono.
E' vero, come diceva Nanni in quella discussione, che c'è una religione contro la morte. Più di una religione. Con differenze di visioni e di formulazioni, ogni cura della vita e della relazione tra le vite, tra tutte le vite, è la religione della vita contro la morte. Il giorno che toglieremo la morte artificiale, la morte aggiunta, costruita dalle nostre arti omicide, costruita dalle nostre politiche di esclusione e di respingimento - politiche che accusiamo, denunciamo, a cui facciamo resistenza civile in questi stessi giorni, politiche che gettano altri nella morte - quel giorno celebreremo il felice rito continuo della vita. Noi crediamo in questa religione dai molti nomi, come la vita ha molti nomi e volti.  E anche se la morte naturale ci prenderà da questa forma di vita riconsegnandoci alla terra e all'aria, come abbiamo fatto del corpo di Nanni, quella morte sarà un compimento, un parto, un finire per ricominciare, una consegna, un'accoglienza, come il seme nella terra è l'inizio del fiore e del frutto. Noi sappiamo poco e vediamo poco, ma sappiamo che la vita vale, e sappiamo che la potenza contro la vita non vale, non deve esserci. La vita di Nanni è stata un valore che non si perde, non si è perduto, è attorno a noi, ci istruisce e ci incoraggia. Nanni è morto troppo presto, eppure, così, possiamo darci pace, e dare pace a lui.
Enrico Peyretti

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