1962-2012
Ri-apriamo
il Concilio
Intervento
nel convegno “Chiesa di tutti chiesa dei poveri”, nel 50° del
Concilio, Roma 15-9-2012
Per
chi è nato dopo gli anni '70, il Concilio Vaticano II è
archeologia. Oggi, in un mondo minacciato da molti pericoli e molte
paure; in una Chiesa che si difende, che ammonisce e rimprovera più
che animare e incoraggiare; oggi, per il popolo vario dei variamente
credenti in Dio, che cosa vale ricordare i cinquant'anni
dall'apertura di quel Concilio?
Chiesa
giovane e coraggiosa
Anche
chi ne sa molto poco, sa che fu un momento assai vivo della Chiesa,
in un tempo storico di speranza e di slancio. Tanto che oggi, col
senno di poi, sembra che allora si sia peccato di ottimismo riguardo
alla storia successiva. Ma la Chiesa fu in testa ad un movimento di
ripensamento e di messa in discussione di molte strutture e idee
della vita comune. La Chiesa appariva giovane e coraggiosa.
Sacerdozio
comune
Ebbe
il coraggio di aprire alla partecipazione attiva del popolo cristiano
la liturgia fino ad allora supersacrale e riservata al monopolio del
clero separato. Avviò la trasformazione della forma di Chiesa da
piramidale papo-centrica assoluta, a popolare, comunitaria, sinodale
(che significa “camminare insieme”). Il sacerdozio comune di
tutti i seguaci di Cristo tornava a valere più di quello di un clero
sacralizzato, con forme di vita strane e separate da quelle di tutti.
Altra
immagine di Dio
La
stessa immagine di Dio, rivelato come Padre da Gesù, mutò da Grande
Padrone che esige adorazione, da Giudice cui nulla sfugge, a Padre
anzitutto amoroso e misericordioso - «misericordia voglio, non
sacrifici» - , e spirito che anima e scalda i cuori. Davvero
cambiava la teologia, l'idea che avevamo di Dio, nientemeno, e faceva
spaventare gli arcigni guardiani della sua concezione padronale.
Morale
dell'amore
Le
leggi morali, preoccupanti e incombenti, perciò spaventose, col
ritorno alla lettura dei Vangeli si riassumevano nel «comandamento
nuovo» di Gesù, l'amore che compie tutta la legge e la giustizia.
Fraternità
col mondo
Il
rapporto della Chiesa col mondo moderno passava dal corruccio
maledicente alla fraternità rispettosa: affidandosi alla libertà e
ai diritti di tutti, la Chiesa perdeva la fede nel potere temporale e
relativizzava molto i concordati; si parlava di fine dell'era
costantiniana, che non aveva crocifisso Gesù, ma, peggio, ne aveva
fatto una gamba del trono imperiale; e di fine della cristianità,
cioè della finzione e illusione che la società intera fosse
evangelizzata con un battesimo a pioggia, e coincidesse con la
Chiesa, che aveva parte nel governarla, collaborando coi potenti di
turno.
Chiesa
povera di potere
“Chiesa
dei poveri” in Concilio voleva dire Chiesa povera di potere, ricca
solo della forza mite del Vangelo affidatole, vissuto e annunciato,
in umiltà, con umili mezzi. Leggera e spoglia di potere, la Chiesa
poteva riconoscere le vittime di tante violenze, e spendersi tutta
per la giustizia e la pace.
Altre
luci per la coscienza
Così,
libera dalla pretesa di avere tutta la verità, su Dio e su tutto, la
Chiesa stava imparando a rispettare altre luci per vivere, nelle
altre religioni, nelle culture ad essa esterne, e in ogni cammino
umano sincero, sicché giunse a capire che non ci sono diritti della
verità sull'errore (anche diritti penali, fino al rogo
purificatore), ma ci sono diritti della persona umana che cerca,
cammina, un po' trovando, un po' errando, un po' donando e ricevendo
nella «fecondazione reciproca» (Panikkar), che è la regola del
crescere nella verità. Insomma, la Chiesa scopriva la libertà
religiosa, facendo implicita penitenza della propria secolare
occupazione coloniale dell'isola della verità, una roccaforte
armata, una verità rocciosa, non un prato fiorente scaldato dalla
luce viva, dai molti raggi.
Rivoluzione-conversione
Tutto
ciò ed altro, è stata una rivoluzione. Nulla di meno. Strana
rivoluzione, quella che non coltiva un progetto utopico, ma ritrova
la genuinità attingendo di nuovo alla fonte originaria. La
rivoluzione fu il lungo movimento, sfociato nel Concilio, di ritorno
dal cristianesimo ecclesiastico alla fede biblica evangelica. Come
rimuovere un pietrame che otturava la sorgente. L'antico nativo era
il vero nuovo futuro. Naturale che ciò abbia terrorizzato i pavidi
e allarmato i padroni custodi del sistema precedente, amante di se
stesso, più che dell'umanità assetata. Naturale che, rispettando e
omaggiando lo forme, questi abbiano cercato di svuotarne la viva
novità. Il cardinale Siri profetizzò che sarebbero occorsi 40 anni
per rimediare ai danni del Concilio. Ci siamo, e oltre. In buona
parte si è rimediato, con una potente azione congelatrice.
Fuori
dal congelatore
Ma
il seme evangelico non è morto. Ora, dal congelatore monumentale
portiamolo di nuovo a fecondare il terreno caldo e umido della vita
quotidiana personale, delle piccole Chiese fraterne senza potere
sociale. Il nostro disagio e lo scontento sano e impegnato che in
questi anni, in tanti modi e in tante reti, ha preso liberamente la
parola, esercitando la propria responsabile funzione nella intera
Chiesa, hanno l'occasione, in questo cinquantennio, dal 2012 al 2015,
di ri-accogliere il dono del Concilio, di raccontarlo ai giovani, di
realizzarlo in tutti i luoghi della Chiesa “in stato di concilio”
(come si diceva allora), di proseguire un riesame teso solo alla
forma evangelica.
Questioni
aperte
Anche
perché ci sono questioni lasciate aperte dal Concilio di allora: i
ministeri ecclesiali ancora sacrali e maschili, perciò ridotti senza
motivo; i rapporti della Chiesa coi poteri sociali e politici, di
convivenza più che di profezia; l'etica, fissata su alcuni punti
certamente importanti del rispetto della vita, ma troppo poco
annunciatrice e liberatrice sulle sistematiche offese delle potenze
contro la vita, nel dominio economico e culturale, nelle guerre
strumentali, nell'economia dell'ingiustizia, della fame e della
rapina. La Chiesa parla e si impegna, a vari livelli, per correggere
il costume banalizzante, nichilista, che corrode la solidarietà
sociale e universale, ma è credibile solo dove si svincola,
fisicamente e spiritualmente, dall'abbraccio interessato dei potenti.
Il cappellano di corte, di palazzo, di banca e di caserma, predica un
vangelo falso, tanto per i ricchi come per i poveri, se non riparte
dal vangelo di giustizia del Battista e di Gesù. Non ci è facile
dare questo avviso, perché sappiamo che riguarda anzitutto ciascuno
di noi, in prima persona.
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