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febbraio 2020 Intervento
nel convegno
Spiritualità
e responsabilità politica
Enrico
Peyretti
1
– La comunione umana
Non
solo i cristiani, ma chi ha una vita spirituale, inserita o no in una
tradizione religiosa, sente la profonda comunanza umana, la
fondamentale fraternità, più o meno aperta a tutti gli umani. Pur
nelle differenze, nelle opposizioni, persino nei conflitti, è
possibile a chi riflette, a chi coltiva una vita interiore,
riconoscere che i più profondi bisogni, desideri, aspirazioni e
timori umani sono comuni. Anche
la nostra fragilità, la debolezza che sperimentiamo nei pericoli, ci
fa uguali. Questa comunione è il fondamento solido di una politica
buona e giusta, pur in mezzo alle difficoltà pratiche, e nella
fatica di comprendersi.
La
“regola d'oro”, espressione di un'etica universale per vivere
insieme, si trova, formulata in oltre trenta maniere molto simili
(cfr
enricopeyretti.blogspot.com, al 24/6/2019)
in tutte le culture e le tradizioni sapienziali. Oggi il dialogo
interreligioso può allargare questa consapevolezza di fraternità,
che ha trovato
una espressione
importante nel documento cristiano-islamico di Abu Dabi sulla
fratellanza umana
(http://www.vatican.va/content/francesco/it/travels/2019/outside/documents/papa-francesco_20190204_documento-fratellanza-umana.html)
2
– Fraternité sans Terreur
La
Rivoluzione Francese ha modellato la modernità, ma, dei suoi tre
principi, la fraternità sembra dimenticata, come un bell'ideale
troppo al di sopra della politica reale. Si tratta invece di
ritrovare, anche in termini laici, questo essere figli della stessa
umanità, corresponsabili del restare o ridiventare umani. Il
monogenismo biblico, che non pare scientificamente vero, è vero in
un senso più grande, secondo
quel detto antico: «Nessuno
può dire all'altro: mio padre è più grande del tuo».
Questo riconoscerci ci preserva
dalle
discriminazioni, più letali di ogni infezione.
In
una intervista, poco prima di morire (Le
Nouvel Observateur,
marzo 1980; Repubblica,
13-14 aprile 1980),
Jean-Paul Sartre, non credente, individuava
“un'idea per la sinistra” nella «fraternité sans terreur»,
nell'idea più alta della Rivoluzione, senza la caduta nel Terrore.
La
fraternità
civile senza violenza è obiettivo essenziale per ogni posizione
politica, sia che privilegi il valore della libertà sia quello
della uguaglianza.
Il
riconoscimento di uguale dignità tra i cittadini preserva la
politica dal ridursi alla regola disumana della forza. I cristiani
hanno un motivo ancora più alto che
li ispira
a riconoscere come fratelli anche gli avversari ideali e politici,
anche chi va riguadagnato alla convivenza che
ha
violato.
3
– Soci, non rivali
Se
siamo una società, persone che intendono vivere insieme, la premessa
morale e psicologica è sentirsi non rivali, ma anzitutto soci in una
grande impresa comune. La pluralità di situazioni,
idee, programmi,
non è ostacolo ma ricchezza della vita insieme, se escludiamo sia la
violenza materiale, sia la pretesa di unificare tutto sotto una sola
delle visioni presenti, da imporre
alle
altre. Questa educazione all'alterità rispettata e valorizzata, è
necessaria alla politica umana, alla sicurezza reciproca. Abbiamo
maestri contemporanei che ci educano alla plurale unità umana, alla
relazione: Buber, Levinas, Panikkar, Rizzi, Balducci, Mancini, Bori,
… «Dio è nell'Altro, e l'Altro è in noi» (E.
Balducci, L'Altro,
un orizzonte profetico,
passim)
4
- La forza e la ragione
Kant
osserva e ammonisce che «Il possesso della forza (Gewalt) corrompe
inevitabilmente il libero giudizio della ragione» (Per
la pace perpetua.
Progetto filosofico, 1795. Secondo supplemento).
La convivenza è degradata se viene consegnata alla legge della
forza, che si impone
sul dialogo ragionevole. Certo, è pur necessario affidare
determinate decisioni alla prevalenza quantitativa delle opinioni,
nella speranza che corrisponda anche a qualità. Ma questa regola
democratica, contare le teste invece di tagliarle, come faceva la
ghigliottina, vuole proprio evitare l'imposizione forzosa. La
decisione dei più può essere sbagliata, sarà da correggere, ma
almeno non è imposta contro le volontà dei cittadini. Inoltre, è
necessario che tale decisione risulti da un libero e serio confronto
delle proposte: un confronto migliore di certe campagne elettorali
urlate nelle teste degli elettori, a suon di falsità, minacce,
seduzioni, vuote promesse. La cultura, l'uso della ragione libera,
seria, critica, aperta ad imparare e a correggersi, è un valore
indispensabile alla politica umana. Perciò l'educazione, la
conoscenza, la serietà intellettuale, sono fattori di buona
politica, che l'istituzione deve sostenere con massima cura. La prima
morale politica è l'onestà e ricchezza del dialogo.
5
– Non dominare
Satana
tentò Gesù offrendogli
tutti i regni della terra, se avesse riconosciuto il suo potere. Gesù
respinge l'offerta: non agirà con la volontà di potenza, non
imporrà, ma offrirà il suo vangelo e la legge dell'amore alla
libera accettazione, con fede in lui: «Volete
andarvene anche voi?» (Giovanni
6, 67).
Perciò, i cristiani, i suoi seguaci, sentono l'impegno di guardarsi
dalla
volontà di dominio, che può tentare chiunque, e intendono servire e
non dominare i fratelli della città politica. Non sempre la Chiesa
ha respinto quella tentazione: ha anche preteso di governare tutta la
società, sempre
“a
fin di bene”... In certi momenti storici, i papi hanno preteso il
potere di nomina e revoca dei re. Nel 900,
con fatica il cattolicesimo ha accettato
la democrazia, anche se era fondata nell'umanesimo cristiano, e non
solo nel razionalismo laicista. Nei primi secoli, la contaminazione
costantiniana della Chiesa ha dato
alla
comunità dei credenti una struttura sempre più verticale. Fino a
che, con
la
riforma di Gregorio VII (Dictatus
papae, 1075),
l'obbedire al papa sostituiva
l'obbedire a
Cristo: «solo il papa poteva confrontarsi con la Verità; tutti i
credenti, vescovi compresi, dovevano confrontarsi con l’autorità
del papa… D’ora
innanzi, il problema che si pone ai credenti non è più di vivere
secondo la Verità, bensì secondo l’autorità. Anzi, il mondo dei
credenti non si discrimina più tra “fedeli” e “infedeli”, ma
tra “obbedienti” e “disobbedienti” (ai
comandi
del
papa)»
(cfr
Giorgio Cracco, Il
Medioevo,
SEI, Torino 1984, p. 151).
Insomma,
fedeli al papa, prima che fedeli a Cristo. Per questo, a Milano, i
“patarini”, ribelli al clero corrotto, si definivano “fideles
Dei” .
I due concili precedenti al Vaticano II irrigidirono questa
struttura. Oggi, lo stesso
papa
Francesco riconosce la fine dell'era costantiniana e della
cristianità sociologica: essere cristiani significa accogliere il
vangelo e volerlo vivere, testimoniandone la vitalità senza
imporlo, stando nella società di tutti. Non si è più cristiani per
nazionalità e per nascita, ma per fede. Questo chiarifica sia la
politica, sia la fede
dei credenti.
Proprio
riferendosi
alla
fine della cristianità, Giovanni Ferretti, filosofo e teologo
torinese, ricorda che il compito dei cristiani nella società è il
dono gratuito (Matteo
10,8),
è l'aprirsi all'altro in gratuità (Luca
6,35),
all'opposto
del
principio capitalista e individualista
del “non si dà niente per niente”. Egli scrive che il cristiano,
nella società, «mira
a istituire quelle relazioni di reciproca accoglienza e ospitalità
che fanno la ricchezza della convivenza umana».
Dunque, la buona politica non sta nelle tattiche per accaparrare
potere, ma nella
condivisione,
nella
liberazione
e valorizzazione di ogni singola persona. Il “debito”
dell'annuncio del Vangelo «non
può essere disgiunto dal debito di una prassi verso l'umanità
emarginata ed esclusa, come pure dal debito di una presenza pubblica,
con la coscienza di avere qualcosa di importante da donare al mondo
in crisi di gratuità fraterna e bisognoso di spiritualità e di
speranza»
(La
Voce e il Tempo, 23-02-2020, recensendo
il libro
di R. Repole, La
Chiesa e il suo dono).
6
– L'ambivalenza del potere
Il
potere è un'idea e un termine ambivalente. È sia un sostantivo, sia
un verbo. Come sostantivo dice una
forza,
un titolo, che non è di tutti, di comandare ad altri. Si dice: avere
potere, prendere, togliere il potere; potere legittimo, illegittimo;
volere pieni
poteri.
Come
verbo, “potere” dice una capacità, una possibilità: io posso,
tu puoi, ho la libertà e i mezzi per agire.
Dice qualcosa di ogni persona umana, che non deve essere impedito,
represso, offeso. Nel senso migliore, “potere” dice quel «pieno
sviluppo della persona umana» che il grande art. 3 della nostra
Costituzione vuole liberato da ogni ostacolo economico e sociale,
tanto che dichiara «compito della Repubblica», quindi della
politica, realizzare questa liberazione. Ecco la politica nel suo
obiettivo più alto: porre le condizioni per la realizzazione
dell'umanità in tutte le persone.
Così
vengono ad incontrarsi il potere legittimo di alcuni, deputati dal
popolo a dirigere la cosa pubblica, e il potere di tutti di diventare
compiutamente
umani. Possiamo
vedere qui tutto il valore della buona e giusta politica, quella che
Adriano Ossicini chiamava «organizzazione della speranza», quella
che Paolo VI qualificò
come
«la più alta forma di carità» (Discorso
alla Fao, 16 novembre 1970).
7
- Una politica planetaria
Oggi,
nella globalizzazione di tutti i fenomeni sociali, la politica deve
essere articolata su scala planetaria. Occorre
una costituzione
all’altezza
dei processi di globalizzazione, che imponga limiti e vincoli ai
poteri transnazionali, che hanno spodestato i vecchi poteri statali;
occorre un diritto planetario che non solo dichiari, ma tuteli i
diritti umani, la giustizia e la pace (cfr
www.costituenteterra.it
)1.
In questa necessaria nuova cultura giuridico-politica, sia il
cristianesimo sia le altre religioni, possono dare – e già danno
in una certa misura - un contributo proprio, perché di loro natura
(sebbene
contraddittorie
quando si riducono
a
religioni etniche), portano e coltivano gli
spiriti
più universali che animano l'umanità.
«»«»«»«»«»«»«»«»«»
1Proprio
ieri, 21 febbraio, si è istituita a Roma (e sono contento di avervi
partecipato) una Scuola per la Costituzione della Terra, a cui si
può partecipare anche a distanza. Informazioni nel sito indicato
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