Politica
e pericolo
QUESTA
DEMOCRAZIA NON BASTA
(pubblicato su il foglio, n. 444, settembre 2017, www.ilfoglio.info)
(pubblicato su il foglio, n. 444, settembre 2017, www.ilfoglio.info)
È
un momento di serio pericolo per il mondo intero. Chi come noi pensa
e comunica ha il dovere di guardare più avanti della politica
piccola e introversa. Ci sono prove e minacce, e strumenti allestiti
per lo sterminio atomico. E questo proprio mentre la coscienza civile
e morale-giuridica, nel “mondo libero” dalla ottusità del
proprio potere, delibera (122 stati nell'Assemblea dell'Onu, il 7
luglio) il bando delle armi atomiche, fuochi accesi nei boschi di
tutta la terra. L'Italia, sottomessa a legami potenti e incoscienti,
si astiene e si oppone, con motivazioni artificiose, a questo
progresso di umanità. Anche sul Municipio di Torino, dal 2 agosto
(imminente l'anniversario di Hiroshima), un grande striscione chiede:
“Italia ripensaci. Ratifica il bando delle armi atomiche”. È
l'appello di un bel gruppo di associazioni differenti.
Popoli
e stati, che si dicevano civili, non vedono che non esiste più la
politica locale, né gli interessi nazionali, se non si ha cura
assidua e generosa, altruista, della intera comunità umana mondiale,
nel nostro pianeta unico. Il danno tuo è indissolubilmente mio.
Unico è il destino, unica la salvezza.
Questa
coscienza fonda il dovere dei popoli forti di restituire un futuro
storico ai popoli deboli, e di condonare tutto o quasi il debito loro
imposto con la brutalità del commercio di rapina, chiamato libertà.
La libertà dei più forti, non distribuita, si chiama violenza:
libere volpi fra libere galline. E quando le vittime fuggono dalla
morte in cerca di vita si alzano muri e leggi contro la loro vita.
Nel
teatro mondiale, si dimenano sul palco alcuni attori folli, autentici
pericoli pubblici, a volte scelti da popoli sprovveduti, accecati
dalle propagande e dalle proprie psicosi. L'Italia politica,
culturale, popolare, sembra non rendersi conto della propria
coscienza addormentata.
Politica
misera, piccoli calcoli di numeri e somme elettorali, personalismi
patologici, in una prospettiva di stretto mantenimento, perfino col
porre mano alle armi su quel mare Mediterraneo (nomen
omen),
dove l'umanità invoca, per assoluto diritto di vita, la precedenza
che spetta ai finora scartati.
LE
MIGRAZIONI SONO UN VALORE
Le
migrazioni non sono da respingere – è follia e male – ma da
accogliere e valorizzare saggiamente, come aggiunte di vita e
contatto di culture. La corruzione non è nelle Ong - che sono
l'eccezione sana, l'altruismo pratico - ma è diffusa nel popolo,
sfibrato dall'assenza di obiettivi umani grandi e generosi, come un
corpo denutrito,
in ipotermia morale. L'esempio delle classi dirigenti è corruttore,
invece che educatore e correttore. Ritorna persino la miseria umana
della mentalità fascista e razzista. Essa fu, cento anni fa, frutto
della guerra nazionalista, e dell'antisocialismo dei padroni. Essa è,
oggi, opera del culto unico del benessere materiale e privato, una
angustia che strozza le anime. Il ritorno del fascismo candida il
nostro paese alla morte civile, se non fisica.
Certo,
ci sono energie sane, ma non è pubblicamente consentito che l'idea
comune della vita, l'ethos sociale, sia vivere per gli altri, per
tutti, nella giustizia, e salvare così anche il senso della vita
individuale. Ci sono esempi religiosi, ci sono serie testimonianze
morali laiche, ma sono la minoranza etica: l'Italia di oggi è al di
sotto del suo compito. La cultura, gli intellettuali come categoria,
divagano, intrattengono, non fanno il loro compito nel popolo. Quando
non fanno peggio: c'è persino un “pane-bianco” non commestibile,
che teorizza una volontà politica: mettere a fondamento della
Costituzione, cioè della vita umana in Italia, la libertà di chi è
libero, e non il diritto alla libertà e dignità, alla
partecipazione, all'espressione attiva, di chi non è libero, di chi
è scartato, in condizioni di diseguaglianza. C'è una cultura,
attrezzata di mezzi influenti, che vuole congelare più che mai
l'onore della Costituzione italiana, l'art. 3. C'è chi vuole
falsificare la filosofia umana della Costituzione, dell'Italia
resistente, risorta da morte, dopo la prostituzione del fascismo e il
crimine della guerra.
Ma
c'è anche chi mette l'art. 3 in testa al proprio programma di
rinascita culturale e politica, di una vera sinistra giusta e
nonviolenta. Se c'è una possibilità, per il mondo, e per ogni
popolo, di uscire da questo momento di deserto morale e di follie,
esso sta, per la cultura occidentale, nell'offrire il proprio apporto
intero alla comunità umana mondiale pluriculturale. Questo apporto,
che attinge alle più antiche e alte tradizioni morali, è anche nel
trinomio, sempre rivoluzionario, “Liberté, égalité, fraternité”.
La più dimenticata, la fondamentale, è la terza. Questa deriva è
dovuta anche al tradimento di quegli intellettuali che vendono parole
ai mercanti della parola.
Facciamo
una società di pericolosi rivali, o di soci, di amici, di fratelli?
Ne va del senso possibile del vivere, oppure campare come morti che
si tormentano l'un l'altro, immagine dell'inferno.
La
classe politica italiana (c'è di meglio, e anche di peggio) non vede
oltre il proprio naso, fa i conticini della serva sulle settimane
fino alle prossime elezioni. Non sa di essere dentro una storia umana
travagliata. Sembra che la politica, nobilissimo impegno, corrompa
largamente chi vi assume compiti di potere. Allora, si faccia più
attiva la politica dei cittadini.
Solo
l'idealismo e la profezia, ascoltata e intimamente accolta,
illuminano e orientano l'intelligenza operativa in scelte decisive,
di vita, e di qualità umana. Anche modeste possibilità, come sono
le nostre, non esimono nessuno dall'onore dell'impegno possibile,
oggi più che mai necessario.
IL
POTERE COME COSA
La
manovra governativa agostana di respingimento dei profughi in Libia,
a molti osservatori preoccupati anzitutto della pace nella giustizia,
appare un errore che può essere grave, tragico per molte persone
bisognose. Più che le cronache della tragedia, vorrei riflettere sul
"cinismo" della politica. Cioè, sull' anti-umanesimo del
"potere", inteso come sostantivo, cioè sostanza, oggetto,
strumento, arma, che uno ha e altri no, sovranismo-suprematismo
escludente. Potere non come verbo, ma come cosa, simboleggiata
oscenamente da animali feroci negli stemmi e nelle bandiere statali;
dagli edifici imponenti (le torri signorili, i palazzi sovietici, i
grattacieli); dal linguaggio e dalla simbologia
militar-patriottica-sovranista, che fa di una sfilata di armi la
festa dello stato; da simboli come spade, scettri, corone, divise,
scudi, sciarpe, cappelli, stivali, che divinizzano e sovrelevano i
corpi dei detentori del "potere", come idoli da obbedire, a
cui sacrificare vite.
La
democrazia è stata un progresso, ha tolto l'eternità al potere
assoluto, ma non ha cambiato la sostanza: ha solo concesso, chiesto e
preteso dal popolo di avallare la violenza politica. Non per nulla lo
stato si definisce ancora come detentore della "violenza
legittima", cioè della falsità: del cattivo detto buono, del
brutto detto bello, del crudele detto benefico, dell'ingiusto detto
giusto, del mortale detto vitale. Ragion per cui si dice
“giustiziare” per dire “ammazzare” (nella pena di morte
legale, come nella malavita), e si ingoia questa massima insensatezza
senza rendersene conto. La politica davvero umana è ancora
tutt'altra da quella che abbiamo.
La
democrazia - per la quale hanno dato la vita i Resistenti ai fascismi
- ha dichiarato il popolo "sovrano" nelle forme e limiti
costituzionali (art. 1), e poi con mille arti e inganni ha conservato
e assolta la "sovranità" internazionale, “superiorem
non recognoscens”,
perciò senza legge, belligena, dello Stato Leviatano. Il cui potere
viene oggi ridotto, non da un cosmopolitismo democratico, ma solo dal
potere supremo della finanza globalizzata, che concede o toglie i
diritti umani dall'alto del tempio delle "borse" (giusto il
termine).
IL
POTERE COME VERBO
Ben
altro è il "potere" come verbo (io posso, tu puoi, ....
tutti possono), cioè la possibilità, riconosciuta effettivamente a
tutti, senza discriminazioni, di “pieno sviluppo della persona
umana” (art, 3 Costituzione, obbligo politico). Questa sarebbe la
“onnicrazia” di Capitini, aggiunta e compimento della democrazia
attuale. Nessuno nega che qualcosa la politica attuale realizzi, ma
sotto una coltre contraddittoria di cinismo, di ragion di stato (cioè
irrazionalità umana), di calcolo utilitaristico immorale, cosicché
non ci si può sentire tutelati e realizzati dalle istituzioni
politiche, anche democratiche. E noi che ci parliamo qui siamo fra i
privilegiati, e ci serviamo anche utilmente di quelle istituzioni, ma
i deboli, poveri, deprivati, oppressi, scartati, scacciati,
rinchiusi, sfruttati, respinti, e anche torturati e violentati,
pesano sulla nostra coscienza, che è complice se non urla la propria
vergogna, la propria denuncia, e la volontà costruttiva di politica
umanizzata.
Io sono turbato. Il ferragosto, più sacro del Natale, è sempre utile alle manovre sotto i nasi distratti. Nulla di nuovo. Tolstoj è stato il maggiore di questo pensiero, più radicalmente democratico, più avanti delle moderne filosofie politiche e anche delle chiese. I 5 stelle hanno scimmiottato una democrazia diretta, invero un principato e i manovratori soliti.
Io sono turbato. Il ferragosto, più sacro del Natale, è sempre utile alle manovre sotto i nasi distratti. Nulla di nuovo. Tolstoj è stato il maggiore di questo pensiero, più radicalmente democratico, più avanti delle moderne filosofie politiche e anche delle chiese. I 5 stelle hanno scimmiottato una democrazia diretta, invero un principato e i manovratori soliti.
Credo
di conoscere la critica a questa critica: la democrazia è piena di
difetti, ma è il sistema migliore possibile. Sappiamo tutti, con
pazienza, che l'errare è umano, insufficienti tutte le
realizzazioni, ma soprattutto sappiamo che bisogna non fermarsi nel
possibile.
Enrico
Peyretti
P.
S. - Segnalo una profonda riflessione di Mario Dogliani nel saggio
Le
due piramidi della democrazia,
in “Critica marxista” n. 3/2017
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