19 03 11 + Matteo 25, 31-46 + I giudici sonio loro
Oggi questo vangelo famoso, chi può se lo legga da solo. Nal
racconto di Matteo siamo subito prima degli eventi pasquali:
tradimento, passione, morte, vita. Gesù parla ora di quando
verrà nella gloria, siederà in giudizio, separerà giusti e
ingiusti: "Venite, benedetti, nel Regno"; "Via, maledetti,
nel fuoco eterno". Ma non era venuto per salvare e non per
condannare? Chissà se ci saranno proprio due specie di
persone, gli uni tutti giusti, gli altri tutti ingiusti? La
nostra vita, di ognuno, è così intrisa sia di bene sia di
male.... Qualcuno dice che il giudice separerà dentro ognuno
di noi il buono e il cattivo, brucerà questo e salverà quello.
Vedremo. Intanto teniamo chiaro il criterio annunciato: non
gli atti religiosi ci distingueranno, non sapienza o titoli,
non la fede dichiarata, ma l'azione di soccorso ai bisognosi.
Questi sono sei categorie onnicomprensive ripetute due volte:
affamati, assetati, stranieri, nudi, malati, carcerati.
Quatrro condizioni fisiche, due condizioni sociali. La
sorpresa di tutti sarà che il giudice considera fatti a sé gli
atti buoni come gli atti cattivi. Non è un giudice terzo,
oggettivo: è un appassionato per ognuno dei poveri. Sono
questi il vero giudice di ogni vita. Non poveri buoni e
giusti, ma poveri e basta. Non poveri per colpa altrui o per
colpa propria: poveri e basta. Qui c'è il giudice e ci siamo
tutti noi giudicati. I poveri sembrano fuori discussione: sono
il metro di giudizio. Sono loro i giudici, e sembra che il
Cristo nella gloria sia soltanto il loro avvocato. E la
sentenza scaturisce da noi stessi, da ciò che saremo diventati
con ciò che avremo fatto.
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